sabato 26 novembre 2016

UN POETA A CASO, MA NON TROPPO: ARTURO ONOFRI




di FRANCESCO GALLINA


Nel 1935, a distanza di sette anni dalla sua morte, esce del poeta romano Arturo Onofri il postumo Aprirsi fiore, che contiene perle in versi come quella che #busillisblog vi propone per la consueta rubrica poetica del sabato. Sei nell'assopimento di corolle costa di tre sestine formate da quattro endecasillabi e un couplet di settenari. Dopo una lunga parentesi fra crepuscolarismo e vocianesimo, scopriamo un Onofri più razionale nelle forme. Protagonista della poesia è una paradossale donna-angelo, ideale vibrante che racchiude in sé istanze contrastanti. Il suo corpo è il Tempo. C'è e non c'è. 
Ne risultano versi intrisi di filosofia quasi hegeliana: l'idolo femminino sembra la sintesi prodotta dallo scontro di opposti. 
Tra malinconia e vitalismo, la donna di Onofri sembra una delle tante protagoniste dei quadri del parmigiano Amedeo Bocchi, la cui arte preferiamo far descrivere dal critico d'arte Roberto Tassi, che in uno splendido volume edito da Guanda (Corona di primule, 1994) scrive: "La luce trapunta i vestiti delle donne, intenerisce le cosce, i seni, si fa delicato splendore sui visi, corre intorno ai capelli, distende le foglie di loto, brucia l'erba del prato, fa brillare l'acqua gelida di una caraffa, diventa parete d'oro, ala e fiume d'oro, rende squillanti i gialli di una camicetta, s'interna nella profonda malinconia di un volto. Da questa luce naturalmente il colore trae tutte le sue dovizie. Che a volte son rovesciate sulla tela senza timori, a volte trattenute in splendori internati. Ma più spesso il colore di Bocchi raggiunge un grado di intensità, che è sempre un poco al di sopra della quiete armonica, fino a toccare degli acuti che sembrano quasi dissonanze; si fa espressivo, non nell'eccesso dell'espressionismo ma già nel diapason fauves". 
Accompagniamo dunque Sei nell'assopimento di corolle con l'olio su tavola Nudo femminile con gatto (1973) conservato al Museo Bocchi di Parma.




SEI NELL'ASSOPIMENTO DI COROLLE

da APRIRSI FIORE (1935) di ARTURO ONOFRI





Sei nell’assopimento di corolle
tenere, appena schiuse, come cieli
brevi sul prato, e nello sguardo folle
dell’arse donne, i cui pallori aneli
traspaiono d’argento
nel dolce portamento.

Nutri ogni desiderio che discorda
col sospiro pacifico dell’erba
e vibri in seno a questa pietra sorda
l’antro della tua musica superba
con la quale assecondi
l’ansia di tutti i mondi.

Sei presente e non sei, come una forma
celeste che vegliando, pur s’oppone
al vegliare delle forme, e vuol che dorma
ciascuna, come dentro una prigione
nel suo proprio passato,
che in corpo ha modellato.


sabato 19 novembre 2016

UN POETA A CASO, MA NON TROPPO: CORRADO GOVONI




di FRANCESCO GALLINA



"Lo si può leggere fra Li Po e Po-Chu-i, senza troppo avvertire il salto dei secoli". Così Montale parlava della poesia govoniana in un articolo  sul «Corriere della Sera». C'era forse nel giudizio del poeta genovese un'esagerazione, ma non si sbagliava, su certe atmosfere che sembrano provenire direttamente dall'antica poesia cinese, quella del secolo VIII. Nella prima produzione di Corrado Govoni c'è innanzitutto il colore vivace con cui dipinge gli oggetti e una realtà che, altrimenti, sarebbe crepuscolare. Si respira decadenza, l'aria in cui ama oziare D'Annunzio nei suoi palazzi tripudianti di manufatti artistici. 
Nel primo volume di poesie Le fiale, pubblicato nel 1903, il Govoni pre-futurista sembra provenire da quel mondo raffinato, strutturato su delicate analogie. Per la consueta rubrica del sabato, #busillisblog propone un sonetto. Il poeta non si sofferma sull'arte cinese, ma giapponese: immersi nel profumo del mughetto e della peonia, scorgiamo una fanciulla tipica delle case di piacere, mentre trapunta "d'insetti un paravento". Il tutto si rispecchia in un fiabesco laghetto color "maiolica lampone". Puro liberty.
Accompagniamo la poesia con  un inchiostro su carta di Wang Mian, risalente al secolo XIII: un delizioso Pruno in fiore conservato a Taibei.



VENTAGLI GIAPPONESI: PAESAGGIO


 da Le fiale (1903) di CORRADO GOVONI.






La casina si specchia in un laghetto, 
pieno d'iris, da l'onde di crespone, 
tutta chiusa nel serico castone 
d'un giardino fragrante di mughetto. 

Il cielo dentro l'acque un aspetto 
assume di maiolica lampone; 
e l'alba esprime un'incoronazione 
di rose mattinali dal suo letto. 

Sul limitare siede una musmè 
trapuntando d'insetti un paravento 
e d'una qualche rara calcedonia: 

vicino, tra le lacche ed i netzkè, 
rosseggia sul polito pavimento, 
in un vaso giallastro una peonia.


lunedì 14 novembre 2016

VALERIA PANICCIA A PARMA PER IL READING DEL SUO LIBRO "PASSEGGIATE NEI PRATI DELL'ETERNITÀ"









#busillisblog sostiene e prende parte al progetto dei Silentia Lunae Tra Suono e Silenzio, prezioso documentario che si sta girando in questi mesi al Cimitero della Villetta. Tra i protagonisti la scrittrice e attrice Valeria Paniccia, che giovedì 17 novembre alle ore 17 terrà alla Pinacoteca Stuard una lettura scenica del suo libro Passeggiate nei prati dell’eternità edito da Mursia, accompagnata dalle musiche di Hector Berlioz, Franz Schubert, Clara Schumann, con Maria Caruso (soprano) e Francesco Melani al pianoforte. L’ingresso è aperto a tutti gratuitamente.




Il regista Alessandro Guatti e la film maker indipendente Maria Caruso introdurranno brevemente il progetto di film indipendente su cui stanno lavorando: un work in progress che ha ottenuto il patrocinio del Comune di Parma e la collaborazione con Ade Spa per le riprese, e che sarà sostenuto da crowdfunding grazie all’impegno di un cast motivato a catturare per il grande schermo un tema antropologico molto affascinante: il rapporto di equilibri, nella Città della Musica, tra storia, passione, vita e immaginario collettivo.

Valeria Paniccia ha a sua volta realizzato una serie di documentari per la RAI intervistando, nei cimiteri monumentali più belli d’Europa e del mondo, personaggi come il premio Nobel Josè Saramago, Gae Aulenti, Margherita Hack, l’attore Toni Servillo e tantissimi grandi nomi della cultura. Dalla sua esperienza è nato il libro “Passeggiate nei prati dell’eternità”.

Attrice di talento, Paniccia, con la sua suggestiva lettura ci rivelerà personaggi e angoli interessanti della Villetta. I suoi testi ci porteranno a conoscere dei cimiteri monumentali, patrimonio artistico dell’umanità, gli angoli più sensuali e remoti, velati di un erotico abbandono, attraverso storie di vita, figure della scultura, racconti affascinanti e inusuali da lei raccolti nelle sue memorabili passeggiate.

“Il libro e il lavoro di Valeria Paniccia sono una grande fonte di ispirazione per me e mi hanno incoraggiata a credere in questo progetto di film indipendente,” dice Maria Caruso, che da otto anni collabora e al progetto culturale Città della Memoria coordinato dal Dott. Giancarlo Gonizzi, per le ricerche sui percorsi musicali inseriti all’interno del Verdi Festival. “A questo lavoro – continua la Caruso - ha aderito non solo il regista Alessandro Guatti, che l’anno scorso ha ottenuto una menzione al Festival di Cannes per un cortometraggio cui ha collaborato, ma un numero di musicisti di fama internazionale e anche artisti locali, attori, poeti, persone coinvolte nella vita culturale. E’ bellissimo vedere questa risposta ad un’idea che mi permette di ampliare il mio percorso parallelo di antropologia culturale e tecniche del documentario fatto negli U.S.A. e continuato qui con alcuni altri documentari negli scorsi anni.”

Tra Suono e Silenzio intende esplorare, attraverso il pellegrinaggio di musicisti di oggi al Cimitero Monumentale della Villetta, la storia della musica e il sottile rapporto tra ispirazione, memoria, eternità e presente che un luogo come questo può ispirare. Tantissimi musicisti hanno già aderito al progetto: una vero e proprio pellegrinaggio musicale ideale verso il luogo dove riposano Paganini, Bottesini, Migliavacca, Pizzetti. Tra gli intervistati, il Maestro Marco Faelli, l’esperta di storia Laura Faelli, il violinista Maurizio Cadossi, il contralto Federica Bartoli, l’attrice Cristina Chiaffoni, il Maestro Carlo Lo Presti, chitarrista e docente di Storia al Conservatorio Boito, il Maestro Corrado Medioli, William Tedeschi,  il fisarmonicista Ion Nani, i membri di Famija Pramzana, il poeta dialettale Enrico Maletti, lo scrittore Francesco Gallina. Prossimamente, tanti altri nomi ancora si aggiungeranno, tra cui il musicologo Massimo Arduino, direttore dello streaming del Teatro Carlo Felice di Genova, la violinista Rosa Segreto, sorella di Vincenzo Raffaele Segreto recentemente scomparso, l’arpista Padre Lorenzo Montenz, il Maestro Valerio Galli, il compositore Luca Tessadrelli, vari membri del Conservatorio Boito e molti altri ancora.

Il reading verrà filmato e inserito nei materiali del documentario che saranno resi fruibili tramite le app collocate recentemente al Cimitero della Villetta grazie a un progetto di Ade Spa e del Comune di Parma.

sabato 12 novembre 2016

UN POETA A CASO, MA NON TROPPO: JOLANDA INSANA



di FRANCESCO GALLINA



I veri poeti non fanno rumore
se non per qualche scheletrico istante
appena dopo il rigor mortis:
un trafiletto sui giornali
–  se va di lusso –  
e rotolano giù subito nell’oblio. 


Questo è l'incipit di una mia poesia. Non so quale valore abbia - se ne può avere qualcuno -, ma sono certo della sua verità. Fatte alcune eccezioni, ai giorni nostri i Maestri del Verso faticano a sopravvivere presso il vasto pubblico. Carenza di attenzione che si verifica già in vita, per poi cronicizzarsi definitivamente post mortem, non fosse per gli 'addetti al settore' e per qualche vero amante della Poesia. Quando è morta Jolanda Insana, il 27 ottobre scorso, ho avuto un'amara sensazione di menefreghismo generale da parte dei media nazionali. Perché è sacrosanto esaltare Bob Dylan, ma ci si aspetterebbero due righe, due parole anche sui poeti di casa nostra. Notevole l'articolo dedicato dal 'Manifesto' alla poetessa messinese scoperta da Raboni. Non me ne sovvengono altri, se non un piccolo spazio sul Corriere. La morte, in letteratura - e in critica letteraria, soprattutto - non è morte, ma nuova vita. Si riprendono in mano le opere di una vita, e si tirano le somme, secondo parametri critici diversi, ma si tirano. Si devono tirare. La morte, in letteratura, può essere la straordinaria occasione per scoprire i sempreverdi frutti artistici di una poetessa appartata, ma dalla notevolissima verve linguistica e stilistica. Insana nasce come poetessa della sciarra, termine di origine tedesca che sta ad indicare la rissa, l'alterco accesso e chiassoso, che in Insana diventa mezzo per conquistare la libertà dalle violenze a cui la vita è spesso sottoposta. Dal suo io ferito e dolorante sgocciolano indignati epigrammi di invettiva. Questo che proponiamo per la consueta rubrica poetica del sabato, è tratto dal poema monologo La stortura del 2002. Accompagniamo i versi con un murale dell'artista ecuadoriano Oswaldo Guayasamín.


 da LA STORTURA di JOLANDA INSANA






il fango di Sarno dispiega la forma della mente del paese
e mentre si indaga sul magistrato
che denuncia ricatti e confusione
scappa il condannato per mafia bancarotta eversione

nella fossa biologica precipitano i nomi delle cose
e tutti a sciacquarsi le palle con 35 ore sì 35 ore no

niente rottamazione di dentiere
sepolcri iperbarici o strumenti di riabilitiazione
mentre la detrazione fiscale per spese mediche
scende dal 22 al 19%
per dare una mano all’evasione
e l’inflazione è sotto il 2%
ma il latte è aumentato più del 10%
insieme al gas alla luce e al telefono
e al 27% resta ferma la tassa sul reddito da interessi
che a tasso 0,25% il Credito Italiano dà
ai risparmi del poveretto

a quando la rottamazione dei vecchi
per non pagargli la pensione e l’assicurazione?



lunedì 7 novembre 2016

"I VIZI DANTESCHI. DAI CODICI AI MANGA". CONFERENZA A CAORSO, 12 NOVEMBRE, ORE 16



di FRANCESCO GALLINA








Dai codici miniati del ‘300 fino ai manga giapponesi, l’Inferno di Dante è stato fonte di ispirazione per illustratori ed artisti di ogni tempo, che lungo questi 700 anni hanno onorato il capolavoro del Sommo Poeta attraverso espressioni e stili diversi. La conferenza, a cura del medievista Francesco Gallina, ha lo scopo di proporre alcuni dei passi più affascinanti della prima cantica della Divina Commedia, accompagnati dalle opere di artisti più o meno conosciuti del panorama internazionale: da Sandro Botticelli a William Blake, da Gustave Doré ad Amos Nattini, fino a Go Nagai e oltre. Un viaggio fatto di tinte fosche, ma anche di irresistibili parodie.


L’incontro, patrocinato dal Comune di Caorso e dal Comitato di Cultura caorsano, è rivolto al pubblico di ogni età. Modereranno la conferenza le prof.sse Patrizia Vallavanti e Francesca Forelli. Vi aspettiamo all'interno della Rocca Mandelli, Piazza della Rocca, 1° piano - destra, il 12 novembre alle ore 16.






Francesco Gallina ha 24 anni e vive a Parma. Nel 2016 riceve la Laurea in Filologia Moderna con una tesi dal titolo Sotto bella menzogna. Influenze eterodosse e catare nel 'Convivio' e nella 'Commedia' di Dante Alighieri: il lavoro di ricerca si posiziona primo in classifica al Premio La Ginestra, e sarà pubblicato nel 2017. 
Nel 2015 la tesi triennale La poetica musicale nel Decameron vince il Premio Casentino, fondato da Carlo Emilio Gadda e ora presieduto dal prof. Silvio Ramat, ed è pubblicata per i tipi della Helicon. 
Dal 17 aprile al 17 maggio 2014 è stato candidato al DANTE D'ORO dell’Università Bocconi di Milano.
Blogger e autore di opere di poesia, narrativa lunga e breve con preferenza per il genere giallo e storico, ha ricevuto numerosi riconoscimenti letterari a livello nazionale ed internazionale . 
È autore di articoli e saggi accademici su letteratura, poesia, filosofia e arti dello spettacolo. 


martedì 1 novembre 2016

«MI DIÈ BIBBIENA DOPPIA VOLTA»: LA CHIESA DI SANT'ANTONIO ABATE A PARMA



di FRANCESCO GALLINA










Sono banditi foto e video. Perché quella di cui vi stiamo per parlare è una delle chiese meno visitate, ma anche più preziose di Parma. Le opere che contiene devono essere tutelate perché hanno un valore immenso. Per questo, per la prima volta, #busillisblog non vi può mostrare foto dell'interno della stupefacente Chiesa di Sant'Antonio Abate di Parma. Prendetelo, allora, come un sottaciuto invito ad alzarvi dalla poltrona e immergervi nell'irresistibile pomposità del barocco. O, meglio, barocchetto.

La storia dell'edificio è attorcigliata come una colonna del Bernini. Tutto ha inizio dallo stato di degrado in cui giaceva l'antico Ospedale dei Cavalieri di Sant'Antonio. Come sempre in questi casi, servivano mecenati dotati di denaro e gusto per il bello: si fecero avanti, dunque, il cardinal Antonio Francesco Sanvitale e addirittura papa Clemente XIII, che non solo sborsarono fior di quattrini (in realtà, scudi), ma interpellarono anche uno dei massimi architetti e scenografi del barocco italiano a cavallo fra il '600 e il '700: Ferdinando Galli da Bibbiena. I lavori iniziarono nel 1712, ma fu sufficiente la morte del Sanvitale per bloccare il cantiere, che sarebbe stato ripreso solo nella seconda metà del secolo XVIII per volere del vescovo Camillo Marazzani.

Ritorniamo al Bibbiena, che 'firma' i progetti. L'esecuzione, però, è affidata ad altri artisti.
La facciata imponente e chiaroscurale è ad opera di Francesco Antonio Albertolli. Dietro cupe grate (non invitanti - di certo - ma necessarie per scongiurare il vandalismo dilagante) si possono apprezzare, nei vestiboli laterali, i monumenti nicchiati alla Carità e alla Sapienza. In particolare, nel vestibolo di destra è murata la tomba dell'illustrissimo conte Pier Maria Rossi di San Secondo, il cui figlio sarà ricordato per aver commissionato il castello di Torrechiara.  Ma ora entriamo in chiesa.

Subito mi colpisce una scurissima lapide, scurissima perché estremamente polverosa come tutto l'interno ad aula unica che necessiterebbe di una pulizia e di una restaurazione quasi totale. Sopra la lapide è inciso un sonetto in endecasillabi. È la chiesa che si rivolge a noi e ci dice: "Mi diè Bibbiena e forma e doppia volta / che il firmamento adombra e il Paradiso [...]". Ed eccola la doppia volta. Puntando il naso verso l'alto ci sovrasta in tutta la sua originalità: 31 trafori della prima volta inferiore permettono allo spettatore di intravedere la centrale apoteosi di Sant'Antonio e le laterali scene di angeli affrescate dall'abate Giuseppe Peroni. La tecnica di composizione non è michelangiolesca, ovvero l'abate non dipinge piegato contro il soffitto, ma realizza le forme a terra e le incolla al soffitto in un secondo momento. Alcune di queste, infatti, stanno scollandosi. Perché una doppia volta, e per di più osservabile attraverso fori? Forse perché il trascendente, che sta oltre la prima volta celeste, è intellegibile a tratti? Restando con lo sguardo rivolto verso l'alto possiamo ammirare le statue della beatitudini: una, sempre vicina all'ingresso, è la prima ad aver ricevuto - per metà - la recentissima pulitura. Quando entrate, gettateci subito uno sguardo, perché vi dirà quale luminosità ebbe e quale luminosità avrà la chiesa, una volta restaurata.

Avviciniamoci all'abside: sulla parete di fondo colpisce l'affresco del Peroni, che raffigura un Sant'Antonio tentato dal diavolo. Poco più su una splendida raggiera di legno dorato. Degli altari laterali l'opera più pregevole è una Fuga in Egitto del Cignaroli. La grande assente è la Madonna di San Girolamo, olio su tavola che potete ammirare in tutta la sua bellezza alla Galleria Nazionale di Parma, ma che un tempo si trovava proprio nell'abside, voluta da Briseide Colla per onorare il marito Ottaviano Bergonzi a lui, il grande, inimitabile: Correggio. 

Siamo giunti al termine, ma prima di uscire non dimentichiamo l'organo Poncini-Negri ancora funzionante e la Via Crucis di Emilio Trombara. Il primo marchio Barilla era il suo.