DI FRANCESCO GALLINA
Prendete una love story semplice, immergetela in una tavolozza di nostalgici colori pastello, conditela con magistrali piani sequenza, strabilianti coreografie alla The Artist e una colonna sonora deliziosamente romantica. Gli ingredienti per un capolavoro annunciato ci sono tutti. Vi manca solo di essere Damien Chazelle, e otterreste La La Land, film destinato ad entrare nella storia del musical. Quando un’elegante miscela citazionistica incontra il genio fresco e innovativo di un regista trentenne: Chazelle dimostra estrema maturità nell’uso della cinepresa e di aver mirabilmente assorbito le lezioni del grande cinema holliwoodiano, dagli anni ’60 fino all’Iñárritu di Birdman.
Fra strade celesti, fondali stellati e locali arancio fuoco si dipanano le passioni di Mia (Emma Stone), aspirante attrice e autrice di spettacoli teatrali, e il musicista Sebastian (Ryan Gosling), spiantato jazzista di ferro che dovrà fare i conti con il suo ottuso conservatorismo e con il successo delle case discografiche per le quali si troverà – controvoglia – a lavorare. Il jazz si salva se è ascoltato, e il suo non lo è: gli estimatori di Thelonious Monk si contano sulle dita di una mano. I tempi sono cambiati.
Ma, proprio quando i due raggiungono il successo tanto agognato, si fanno sentire – letteralmente – le note dolenti.
Fiaba moderna dedicata ai sognatori - non tanto quelli che fissano il cielo perché piovano i miracoli, ma coloro i quali mettono anima, corpo e studio in quello in cui credono - La La Land regala due ore di sano intrattenimento a trecentosessanta gradi, grazie ad una struttura narrativa leggera e alla maestria del maestro della fotografia Linus Sandgren e alla musica irresistibile di Justin Hurwitz. La La Land ci insegna ad innamorarci a ritmo di tip tap, a non cadere nel baratro della disperazione, anche quando sembra tutto finito. Ma ci insegna altresì ad illuderci di soluzioni utopiche. Non mi resta che invitarvi a godere di questo “brindisi ai sognatori, ai cuori che soffrono, ai disastri che combiniamo”. Perché la vita è conflitto e compromesso. Come il jazz.