sabato 18 giugno 2016

UN POETA A CASO, MA NON TROPPO: EUGENIO MONTALE



di FRANCESCO GALLINA


I vent'anni sono imminenti, per Esterina. La condurranno dall'adolescenza all'età adulta: la nube dei vent'anni la avvolgerà, il fuoco della vita brucerà la sua giovinezza e dalla cenere uscirà la donna. I vent'anni sono un rito di iniziazione, ma altresì un indecifrabile punto interrogativo. Eugenio Montale nutre molti dubbi sul futuro,  suo e di Esterina, una ragazza ripresa nel suo lanciarsi esitante dall'alto trampolino nelle onde tempranti del mar ligure. In Esterina c'è spensieratezza, incosciente vitalità, ma anche voglia di prendere decisioni. Esterina sceglie di tuffarsi, Montale invece preferisce guardare, come uno stoico, la vita fluire, da lontano. La terra è certezza, le onde mosse un possibile pericolo. Per la consueta rubrica del sabato di #busillisblog, accompagniamo Falsetto a un capolavoro risalente agli inizi del V secolo a. C.: si tratta della Tomba del Tuffatore, scoperta nel 1968 nell'area di Paestum, esattamente a sud, nella località di Tempa del Prete.  La chicca non sta nelle pareti esterne, che raffigurano la piacevole convivialità di un banchetto, ma nella lastra di copertura, che presenta un tema del tutto estraneo all'arte greca: un giovane nudo è sospeso per sempre nell'istante del tuffo solitario in uno specchio d'acqua. Secondo l'archeologo Mario Napoli, scopritore della tomba, il tuffo rappresenterebbe l’inizio del viaggio verso l’aldilà, un tuffo verso il mare della conoscenza ultraterrena, che sospende l'uomo fra il cielo e la terra. 


FALSETTO  

da OSSI DI SEPPIA (1925) di EUGENIO MONTALE






 Esterina, i vent'anni ti minacciano,
grigiorosea nube
che a poco a poco in sé ti chiude.
Ciò intendi e non paventi.
Sommersa ti vedremo
nella fumea che il vento
lacera o addensa, violento.
Poi dal flotto di cenere uscirai
adusta più che mai,
proteso a un'avventura più lontana
l'intento viso che assembra l'arciera Diana.

Salgono i venti autunni,
t'avviluppano andate primavere;
ecco per te rintocca
un presagio nell'elisie sfere.
Un suono non ti renda
qual d'incrinata brocca percossa!;
io prego sia
per te concerto ineffabile
di sonagliere.

La dubbia dimane non t'impaura.
Leggiadra ti distendi
sullo scoglio lucente di sale
e al sole bruci le membra.
Ricordi la lucertola
ferma sul masso brullo;
te insidia giovinezza,
quella il lacciòlo d'erba del fanciullo.
L'acqua è la forza che ti tempra,
nell'acqua ti ritrovi e ti rinnovi:
noi ti pensiamo come un'alga, un ciottolo,
come un'equorea creatura
che la salsedine non intacca
ma torna al lito piú pura.

Hai ben ragione tu! Non turbare
di ubbie il sorridente presente.
La tua gaiezza impegna già il futuro
ed un crollar di spalle
dirocca i fortilizi
del tuo domani oscuro.
T'alzi e t'avanzi sul ponticello
esiguo, sopra il gorgo che stride:
il tuo profìlo s'incide
contro uno sfondo di perla.
Esiti a sornmo del tremulo asse,
poi ridi, e come spiccata da un vento
t'abbatti fra le braccia
del tuo divino amico che t'afferra.

Ti guardiamo noi, della razza
di chi rimane a terra.


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