sabato 24 settembre 2016

UN POETA A CASO, MA NON TROPPO: GUIDO GOZZANO



di FRANCESCO GALLINA



"La povera cosa che m'ama" è una giovane attrice che Guido Gozzano lascia in Piazza Castello. Si lamenta, la fanciulla, del male arrecatogli dal poeta, e le sue parole rimbombano, ossessive, nella mente di lui. Una filastrocca che assume i connotati di una dolorosa nenia che incombe come un macigno nel dettato poetico. Forse, però, Guido non è così feroce come pensa di essere, se soffre pensando a quelle parole. 
Per la consueta rubrica poetica del sabato, #busillisblog propone Un rimorso, poesia tratta da La via del rifugio (1907), una raccolta che contiene già tutti i caratteri della poesia cosiddetta crepuscolare (termine, crepuscolarismo, che conierà Borgese solo nel 1910). Si respira un aria di morte, i versi sono attanagliati da un senso di soffocamento e di frustrazione. Una poesia color grigio, in cui all''aulicità' dei poeti vati si sostituisce la prosaicità del borghese quotidiano. 
La accompagniamo con Remorse, or Sphinx Embedded in the Sand, olio su tela di Salvador Dalì del 1930. 



UN RIMORSO

da LA VIA DEL RIFUGIO di GUIDO GOZZANO





I.

O il tetro Palazzo Madama...
la sera... la folla che imbruna...
Rivedo la povera cosa,

la povera cosa che m’ama:
la tanto simile ad una 
piccola attrice famosa.

Ricordo. Sul labbro contratto
la voce a pena s’udì:
"O Guido! Che cosa t’ho fatto
di male per farmi così?" 


II.

Sperando che fosse deserto
varcammo l’androne, ma sotto
le arcate sostavano coppie

d’amanti... Fuggimmo all’aperto:
le cadde il bel manicotto 
adorno di mammole doppie.

O noto profumo disfatto
di mammole e di petit-gris...
"Ma Guido che cosa t’ho fatto
di male per farmi così?". 


III.

Il tempo che vince non vinca
la voce con che mi rimordi,
o bionda povera cosa!

Nell’occhio azzurro pervinca,
nel piccolo corpo ricordi 
la piccola attrice famosa...

Alzò la veletta. S’udì
(o misera tanto nell’atto!)
ancora: "Che male t’ho fatto,
o Guido, per farmi così?". 


IV.

Varcammo di tra le rotaie
la Piazza Castello, nel viso
sferzati dal gelo più vivo.

Passavano giovani gaie...
Avevo un cattivo sorriso:
eppure non sono cattivo,

non sono cattivo, se qui
mi piange nel cuore disfatto
la voce: "Che male t’ho fatto,
o Guido per farmi così?".

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