di FRANCESCO GALLINA
Dobbiamo al grande politologo Giovanni Sartori il peccato originale dell'aberrante latinorum politichese odierno che, per traducianismo ereditario, sta sviluppando i suoi balordi effetti nella lingua (tele)giornalistica. Non c'è quotidiano che non ne sia sedotto. Mai moda neologistica fu più pestilenziale.
Era il 1993: nasceva la Seconda Repubblica e l'allora DC
Sergio Mattarella propose una nuova legge elettorale (maggioritaria per tre
quarti e proporzionale per un quarto), che passava al vaglio con il referendum
del 18 aprile. È lì che, sul Corriere della Sera, Sartori conia il neologismo
Mattarellum. Ve lo riporto direttamente dall'archivio del «Corriere»: http://archiviostorico.corriere.it/1993/giugno/19/riforma_profundis_co_0_93061915707.shtml
Ma non finisce qui. Nel 2005, la legge Mattarella è
sostituita dalla legge elettorale il cui relatore è Calderoli. Non ci vuole
molto perché il Sartori si ingegni e coni a fine 2005 il fortunatissimo
Porcellum (premio di maggioranza e
soglie di sbarramento), poi chiamato calderolum e dichiarato incostituzionale
nel 2013. E a buona ragione, dato che il suo stesso estensore, Calderoli,
appunti, la definì una "porcata".
Non c'è il due senza il tre. Ecco che arriva Renzi e sboccia
l'Italicum, che prevede premio di maggioranza, soglie di sbarramento e collegi
plurinominali. A Sartori Italicum non garba, e propone Bastardellum, sempre sul
Corriere della Sera.
Intanto, però, nel 1995 nasce per mano di Pinuccio Tatarella
il Tatarellum legge concepita per regolare il sistema elettorale regionale a
statuto ordinario. Nel 2007 il PD propone con Salvatore Vassallo il mai
approvato Vassallum. Nel settembre 2010, è Casini a coniare il termine
Provincellum, avanzando una proposta di legge elettorale nazionale che si
adeguasse alle leggi dei consigli provinciali. Non vogliamo certo dimenticare,
poi, i meno conosciuti Matteum, fiorentinum, svizzerum, e cangurum, per l'ispirazione al modello
australiano, e maialinum, come Renzi definì il porcullum corretto, o ancora il
Quagliarellum, il Verdinum o il grillino pregiudicatellum, usato per affossare
l'Italicum.
Che poi, a me, Italicum, ricorda Italicus. E non è un bel
sentire: chi sa della strage neofascista del '74, sa di cosa parlo.
Il latino maccheronico fu magnifica e brillante arte di
Teofilo Folengo. Lasciamo a lui il primato, insieme a pochissimi altri.
Oggi il latino non necessita di essere pagliacciato: lo è
già a sufficienza nei programmi scolastici statali. Il vocabolario italiano e
il lessico giuridico-legislativo è già attrezzato a dovere senza prendersi
l'onere di aggiungere inutili parole. I grandi non ci fanno caso, ma i ragazzi
non sono mica scemi e questo sfottio latineggiante
potrebbe, a lungo andare, alimentare pensieri tipo: l'utilità del latino?
coglionare!
Si usi il latino in modo intelligente e costruttivo. E,
soprattutto, si riscopra l'uso di termini tecnici come uninominale, camerale,
proporzionale, maggioritario, etc...
Perché ingolfare il lessico televisivo, già piatto e misero
di suo, con inutili neologismi?
Cui prodest? Ops...
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