di FRANCESCO GALLINA
Gerusalemme, 30 d.C. Un uomo ricopre una delle cariche più scomode all'interno della gerarchia imperiale romana. Quell'uomo è il praefectus della Giudea che, diversamente dai governatori di Siria ed Egitto, non dispone neppure di una legione. I quattromila uomini a sua disposizione sono reclutati tra la popolazione locale. Quell'uomo si chiama Ponzio Pilato e appartiene alla classe equestre, inferiore a quella senatoria. La regione che governa è provincia dell'impero da quando Augusto prende in mano una situazione degenerata con il governo del giudeo Erode, tanto abile militarmente quanto prepotente e crudele. Da semplice Stato cliente, la Giudea diventa dunque provincia, sebbene la resistenza opposta da Giuda di Gamala, che viene crocifisso insieme ai suoi seguaci. Pilato, per dirla in soldoni, ha il potere. Ma ne siamo sicuri? A ben vedere, il vero Potere lo detiene il Sinedrio, il consiglio di anziani, unico interprete della Legge mosaica, presieduto dal sommo sacerdote giudeo Caifa, che rimane in carica per l'intero mandato di Pilato, complessivamente 18 anni.
La Pasqua del 30 d. C. vede Pilato in seria difficoltà, lungi dalla stupida immagine di quello che si lava le mani. Pilato deve sbrigare una questione spinosa, che ha per protagonista non un giudeo, ma un galileo: Gesù. La Galilea, però, non è sotto la giurisdizione di Pilato perché, dalla deposizione di Archelao nel 6 d.C., passa sotto il dominio di Erode Antipa. Il Vangelo di Giovanni è nel giusto collocando il processo e la crocifissione di Gesù la vigilia della Pasqua ebraica, mentre i sinottici la collocano, probabilmente sbagliando, nel giorno di Pasqua. Cosa succede prima che Gesù venga giustiziato? Succede che, prima di passare nelle mani di Pilato, passa in quelle di Caifa che, insieme agli anziani del Sinedrio, decide di sbarazzarsi di Gesù grazie a un'infida accusa politica, quale la pretesa del galileo di essere il re dei giudei, che ne fa un sedizioso. Inoltre, se Gesù non fosse presto fatto fuori, Pilato ritornerebbe a Cesarea e svanirebbe la speranza di vederlo morto. In un primo momento Pilato propone di rilasciarlo secondo il costume che prevede la liberazione di un carcerato in occasione della Pasqua, ma la folla radunatasi o radunata (da qualcuno, si intende), minaccia di denunciare Pilato all'imperatore: ecco perché essere il praefectus della Giudea non era incarico ambito.
Ma il grande mistero, come tutti sappiamo - o crediamo di sapere - riguarda la scomparsa del corpo di Gesù dal sepolcro che lo custodiva. Sepolcro, ricordo, che è controllato da guardie affidate da Pilato ai sacerdoti. I sacerdoti, è chiaro, temono che il corpo di Gesù divenga fulcro di un culto estraneo al giudaismo. Perché vedere ingenuamente degli angeli negli angeli che appaiono alle pie donne? Mi spiego meglio: in Luca e Giovanni si parla di due angeli che invitano le donne, in visita al sepolcro, a fare ritorno in Galilea. Ma dobbiamo credere davvero siano angeli? O forse, più semplicemente, sono le guardie infingarde manipolate da Caifa, l'autore della crocifissione? Leggendo il Vangelo di Pietro, si scopre che i soldati vedano uscire due uomini che reggono Gesù, presentandoci il tutto come un intervento celeste. Ma questa è solo una mistificazione. Se Gesù fosse risorto, che necessità aveva di essere retto da due uomini?
Il giallo è molto semplice. Dietro tutto c'è lui, Caifa, il geniale tessitore che, fatto trafugare il corpo, invita i seguaci di Gesù ad andare letteralmente "a quel paese", cioè la Galilea, per toglierseli dai piedi, se non per neutralizzare, almeno per deviare il cristianesimo. Caifa non tollera che Gesù elimini il suo prestigio agli occhi dei romani. Per questo si fa lui stesso promotore della resurrezione (ovviamente in senso criminoso), per cacciare astutamente gli apostoli lontano da Gerusalemme, nella speranza che la lezione di Gesù perisse con lui. Evidentemente, aveva fatto male i calcoli.
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