mercoledì 30 marzo 2016

STUDENTI SVOGLIATI, STUDENTI STRESSATI



di FRANCESCO GALLINA








Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, 
e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, 
anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, 
è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza.

A. Gramsci, Quaderni dal carcere



Il Governo italiano, che sia di destra o di sinistra, continua inesausto con la tiritera della Cultura: l'Italia deve valorizzare la Cultura! Il problema è che, non essendo colto, il Governo non specifica quale Cultura. Esiste anche la Cultura nazista, per dire. Persino i kamikaze hanno una Cultura, e ha la C talmente maiuscola che per essa uccidono e si suicidano. 

L'OMS salta fuori con il suo solito studio quadriennale studio sul benessere degli studenti, evidenziando il presunto grande stress a cui gli studenti sarebbero sottoposti. Cosa c'entra con la Cultura? C'entra, c'entra. E c'entra prima di tutto Antonio Gramsci che, intelletto fino qual'era, aveva compreso quanto la scuola non dovesse essere un divertimento, semmai un terreno minato e proprio per questo di crescita intellettuale. Lo studio concepito da Gramsci è fatica, lavoro, sudate carte, non un circo. Ecco allora una prima umile e importante proposta di Cultura da cui la scuola dovrebbe ripartire: la Cultura del lavoro, della serietà e dell'impegno. Anche con la c minuscola. 

Ora, perché gli studenti sono stressati? Perché gli insegnanti pretendono troppo? Perché ci sono docenti che fanno i docenti tanto per prendere la busta paga? Perché certi insegnanti non amano fornire chiarimenti e sono soporiferi? C'è anche questo, inutile nascondercelo, eppure l'OMS parla dello stress degli studenti, chiamandoli studenti. Anche Leopardi era stressato, stressatissimo, ma mai s'è pianto addosso, anzi, eroicamente vantava i suoi titanici sforzi. 

Stiamo attenti. E se invece i presunti "studenti" di cui parla l'OMS fossero stressati propri perché costretti a studiare quello che non vogliono studiare? Per intenderci: se la scuola di massa è obbligatoria, non si dovrebbe forse ragionare sull'obbligatorietà? E se fossero le scelte poco ragionate di genitori e ragazzi a determinare le eterne lamentele e la prima causa del degrado scolastico? La scuola è un mondo troppo eterogeneo per tracciare machiavelliani quadri sistematici universalmente validi, ma se il pubblico esterno alla scuola (epidemiologi dell'OMS in primis) frequentasse la scuola per davvero, si accorgerebbe subito che la causa prima del disagio studentesco è obbligare i ragazzi a frequentare i licei. Perché la considerazione sociale è importante, e dire che proprio figlio frequenta un Istituto diventa sotteso motivo di vergogna, mentre nessun pudore si ha nel cacciare a forza il pargolo entro scuole che non gli si confanno per talento e carattere. Noto è il tentativo degli Istituti di trasformarsi nominalmente in licei, per evitare calo degli iscritti. Eppure, almeno teoricamente, gli Istituti non sono così semplici come può sembrare: le sezioni di meccanica, informatica e chimica, ad esempio, sono decisamente impegnative.

L'incontro/scontro con la realtà scolastica difficile e impegnativa del liceo è, quindi, la prima disastrosa ragione del perché la scuola italiana sta progredendo verso una deriva che è semplicemente ingenuo nascondere. Le promozioni a fine anno non rispecchiano nel modo più assoluto la qualità della scuola italiana, perché i 6 politici sono perlopiù 4 en travesti. 

L'epidemiologo Franco Cavallo sostiene che i programmi devono essere "ritarati i programmi, che sono ancora legati alle superiori di una volta che selezionavano molto". Che i programmi vadano rivisti è sacrosanto, ma devono essere rivisti in quanto ingessati, involgarenti le discipline e banalizzanti i contenuti. Cavallo, invece, tira fuori dal cappello la questione della selezione, come se selezionare fosse un crimine, un delitto da mettere in pratica solo in casi estremi. Allora si capisce perché un ragioniere come Montale scrivesse così bene pur essendo uscito da un istituto per ragionieri e perché gli odierni liceali di quinta non solo non hanno voglia, ma non sanno (in maggioranza eh!) né parlare né scrivere. Che è il primo gradino necessario per saper studiare, cosa che elementari e medie, in quanto non selezionanti, non coltivano più con serietà (eccezioni a parte). Dagli studenti non si può più pretendere il mondo, certo, ma non sta né in cielo né in terra che la scuola debba essere un'industria.



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