sabato 19 marzo 2016

UN POETA A CASO, MA NON TROPPO: GIOVANNI GIUDICI


di FRANCESCO GALLINA


Alienazione è smarrimento, disorientamento, nevrosi. Alienazione è perdita di sé, trasferimento di diritti ad altri, perché svolgano i compiti al posto nostro, perché vivano la nostra vita non degna di essere vissuta. Alienazione fa rima confusione, perché confonde l'interno con l'esterno e viceversa. Alienazione è scompenso, lacerazione, squilibrio, alterazione. Si perde di vista l'esistenza. Ci si riduce a vegetali.
L'alienazione è il fulcro della poesia del ligure Giovanni Giudici, tratta da La vita in versi, che #busillisblog vi propone per la sua consueta poetica rubrica del sabato. In accompagnamento, una delle firme più interessanti e meno conosciute del secolo scorso, Pavel Filonov, avanguardista russo vissuto a cavallo fra '800 e '900, le cui tele, considerate degenerate ai tempi dello stalinismo, sono state riconsegnate al pubblico dalla perestrojka di Gorbaciov.  



MI CHIEDI COSA VUOL DIRE

da LA VITA IN VERSI (1965) di GIOVANNI GIUDICI


Pavel Filonov, Undici teste, 1934-1935



Mi chiedi cosa vuol dire
la parola alienazione:
da quando nasci è morire
per vivere in un padrone

che ti vende – è consegnare
ciò che porti – forza, amore,
odio intero – per trovare
sesso, vino, crepacuore.

Vuol dire fuori di te
già essere mentre credi
in te abitare perché
ti scalza il vento a cui cedi.

Puoi resistere, ma un giorno
è un secolo a consumarti:
ciò che dài non fa ritorno
al te stesso da cui parte.

È un’altra vita aspettare,
ma un altro tempo non c’è:
il tempo che sei scompare,
ciò che resta non sei te.

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