di FRANCESCO GALLINA
Per la consueta rubrica del sabato di #busillisblog, la casa propone una poesia di Saba, tratta da Parole (1934) e facente parte delle Cinque poesie per il gioco del calcio. In strofe esastiche di endecasillabi, si riflette sul dolore del portiere battuto, sull'ebrezza della folla e sulla gioia solitaria del secondo portiere, forse la figura più interessante, che meglio adombra lo spirito di Saba: innamorato della vita, ma bisognoso di un cantuccio dal quale contemplare la vita con un certo distacco. Il calcio è sport ancora umano, fatto di partecipazione e bisogno degli spettatori di sentirsi partecipi del sentimento altrui. La poesia è accompagnata dalla Partita di calcio di Carlo Carrà, che fa del calcio un soggetto dignitoso per essere accolto anche dall'arte pittorica e tramandato come evento. Risale al 1934, l'anno della vittoria italiana ai Mondiali di Calcio (notare le maglie azzurre), e il pallone assume connotati metafisici, lontano e irraggiungibile, come un ideale.
GOAL
da PAROLE (1934) di UMBERTO SABA
Carlo Carrà, Partita di calcio, 1934, Galleria Comunale d'Arte Moderna di Roma |
Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l’amara luce.
Il compagno in ginocchio che l’induce
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.
La folla- unita ebrezza - per trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l’odio consuma e l’amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.
Presso la rete inviolata il portiere
- l’altro - è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa - egli dice - anch’io son parte.
Nessun commento:
Posta un commento