mercoledì 21 ottobre 2015

CRITICA DELLA RAGION EROICA, OVVERO DI ERRI DE LUCA



di FRANCESCO GALLINA




Prendete un uomo. Preferibilmente di sinistra, ma anche di destra. Sempre che destra e sinistra vogliano dire qualcosa. Fatto? Fategli pendere una pesante spada di Damocle sulla testa ma, soprattutto, lasciate che si lamenti, che possa esprimere la sua sofferenza. Lasciate che, commesso l'errore, l'anello che non tiene, abbia modo di difendersi facendo appello ad elevati ideali platonici. Fatto? Parlatene in TV, sui giornali, alle radio. Sfruttate ogni mezzo di comunicazione. Ora, fate passare del tempo, un po' di anni, e poi assolvetelo. Assicuratevi che sia vivo. 
Perché fosse morto, gli avreste già fatto crescere l'aureola. Non appena avesse chiuso gli occhi, gli avreste dedicato persino una via, magari un monumento. Anche se un incapace, come Cadorna; anche se assassino, come Mazzini. 
Invece no, è vivo, e quindi può godere del suo eroismo sulla sua viva pelle. E, se permettete, è molto più divertente.
Non avesse ideali, il vostro uomo, resterebbe un pezzente. Che poi gli ideali siano bolle di sapone, poco importa. Ma con attaccate le ali degli ideali, si diventa santi subito. Eroi.
In Italia ce ne sono molti. Sono i martiri dei pomposi ideali.

Lo è stato anche Robespierre prima di finire sotto la ghigliottina. Non fosse altro che, prima, ad averla usata con tanta goduria, non fosse stato lui stesso. E la fratellanza? Sotto la ghigliottina. Prima vengono gli ideali. Gli ideali francesi si studiano su tutti i libri di scuola. Si dica siano rivoluzionari. Forse sono solo chiacchiere, ma gli storici non possono dirlo. Anche quel famoso motto... non mi ricordo... ah sì: la legge è uguale per tutti. Ma credete davvero abbia riscontro reale?

Creare eroi è sempre sintomo patologico. Anche quando si eroizzano uomini inimitabili, come Falcone e Borsellino. 
Peccato che quest'ultima frase contenga un errore grave. Gravissimo.
L'aggettivo inimitabile, che ben si sposa al sostantivo eroe, è il germe della malattia. Se Falcone e Borsellino sono eroi, sono là, sul cucuzzolo di una montagna irraggiungibile, un cielo metafisico che solo loro e pochi altri possono toccare. Loro là, noi qua. E, in quanto qua, non possiamo farci niente. Potevano loro perché loro. E noi? Solo qualche corteo antimafia, per sentirci più sicuri, per pulirci la coscienza. 
Creare eroi significa creare dei. E gli dei non esistono se non nelle menti degli uomini.

Basta scrivere Gomorra perché un emerito sconosciuto come Saviano divenga un idolo delle folle. Lo vuole persino Maria de Filippi, per solo per dire che il suo è un programma edificante e che basta qualche storia strappalacrime per elevare moralmente i dementi Amici. Ne dice di tutti i colori, Saviano, contro la camorra, nel suo splendido libro, ma non è su questo che la massa si concentra, bensì sulle sue parole pompose e gonfiate come dirigibili, e come dirigibili alte, alate, elevate sopra le nostre teste di gente comune. Come dire: non potremmo mai essere Saviano. Perché Saviano è là, e noi siamo qua. Ma senza il qua, i milioni e il successo che ha guadagnato, Saviano, se li sarebbe potuti scordare. 

Ed ecco che salta fuori Erri de Luca, assolto anche se esorta a sabotaggio. Che, pensandoci bene, sabotare è un atto squallido tanto quando la TAV. Non c'è paradosso, avete capito bene: io sono contro la TAV e contro le parole di Erri De Luca. Non contro la sua assoluzione, ci mancherebbe, ma contro le sue parole che, come dice il caro Nanni, sono importanti. Perché sabotare, se vogliamo parlare di ideali come quello tanto sbandierato della democrazia, è un atto delinquenziale e per niente democratico. Magari compiuto per fare del bene, ma si fa sempre il bene per qualcuno, non per tutti. 

L'Italia funziona così. Lo Stato è governato da uomini eletti dal popolo (sorvoliamo su Renzi). Il governo prende decisioni. Criticare quelle decisioni è legale, è un diritto. Sabotarle mentre sono all'opera è illegale. Molto semplice, ma la magistratura vede quel che vuole. Non fosse per problemi di miopia, Berlusconi sarebbe finito in carcere almeno un giorno, ma così non è stato. Allora non è più una questione di destra o di sinistra, ma di buon senso civico. Invitare al sabotaggio è atto criminoso, soprattutto se a lavorare non c'è chi vuole la TAV, ma chi cerca di portare a casa due spiccioli per mandare avanti la baracca.
Sabotare non è legittima difesa, ma pensiero criminoso tanto quanto stuprare un paesaggio perforando montagne.

Pensare è una grande fatica. Meglio delegarla ad altri, agli eroi nazionali, a quelli che scrivono belle parole (tirando fuori persino Gandhi e Mandela), non per rivelare grandi verità, ma per mistificare la realtà e godere del plauso popolare. Semplici persuasori. Tanto che vanno a scomodare persino i figli di Robespierre. Come Hollande, ad esempio. Sono quelli che predicano bene e razzolano male e, per magia, hanno l'ammirazione incontrastata di tutti. O quasi. 

Eppure, Brecht nel suo Galileo, lo diceva: "Sventurata la terra che ha bisogno di eroi."

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