di FRANCESCO GALLINA
«Non credo di meritare il Nobel» ha dichiarato
ieri. «Il merito della cura è dei microrganismi
ed è a loro che dovrebbe essere assegnato». Campbell,
che partendo dai batteri isolati da Omura ha
sintetizzato l’avermectina nei laboratori della
Merck, ha invitato a essere umili verso la natura:
«Lei crea continuamente dei principi attivi cui l’uomo
non avrebbe mai pensato. Uno dei nostri più
grandi errori è credere di essere più bravi di lei».
Il Nobel agli scienziati dei poveri,
«La Repubblica», 6 ottobre 2015
La natura non esiste. Non vi sto prendendo in giro: avete capito bene.
Non solo non esiste la natura, ma men che meno Madre Natura.
Vi vedo da dietro lo schermo del computer: siete fermi, e vorreste cliccare la freccetta bianca in alto a destra, ma adesso che sapete che vi spio, ritornate indietro.
Le parole che leggete sono state pronunciate dall'irlandese William Campbell che, insieme a Satoshi Omura, ha scoperto l'avermectina. Con 270 milioni di dosi consumate
ogni anno, l'avermectina tiene sotto controllo i sintomi di filariasi
e cecità fluviale. Quindi spunta il Nobel. E giustamente, aggiungo.
Eppure, nelle parole di Campbell, c'è qualcosa che non quadra. Rileggetele attentamente: dice che il Nobel andrebbe assegnato ai microrganismi. E fin qui potrebbe essere una discorso retorico. Invece non lo è, perché è proprio la filosofia dello scienziato, che arriva a sottomettere l'uomo alla natura, la quale - sostiene - crea principi attivi che l'uomo non potrebbe mai pensare.
In tutto questo, c'è solo un piccolo enorme problema: la natura non pensa. La natura non è. Come non sarebbe niente l'universo, il mondo, Roma, il tostapane e l'avermectina. O meglio, la natura è. Ma è solo grazie all'uomo. Da sola, la natura, sarebbe un ammasso sregolato di piante e animali, cioè esseri che fanno tutto, tranne che pensare: e infatti non parlano, dunque non ragionano, ergo non attribuiscono parole ed essenze alle cose. Quindi, ricapitolando, quelli del Nobel, seguendo questa logica, hanno sbagliato per davvero a dare il premio a Campbell. Eppure, senza Campbell e Omura, l'avermectina non sarebbe mai saltata fuori, perché l'avermectina, dei nostri occhi, se ne sbatte le palle, come tutti i composti glicosidici. Lo stesso nome avermectina, in natura, non esiste.
Esistesse, Linneo sarebbe stato un cretino ad appioppare nomi alle piante ma, se lo ha fatto, significa che la natura non è capace di darsi nomi, così come è del tutto incapace di darsi regole, contegno, in una libertà magmatica che non porta da nessuna parte. Anzi, il più delle volte porta solo dolore e morte, tumori e distruzione. Essere umili nei confronti della natura, allora, non conviene più.
Questo non significa distruggere la natura, non significa modificarla a nostro piacimento. Significa dare a Cesare quel che è di Cesare, ovvero: dare a Campbell quel che è di Campbell, ma che Campell è tanto ingenuo da pensare che, senza di lui, l'avermectina sarebbe saltata fuori.
La favola della natura buona è una falsità cosmica che, in quanto tale, ha avuto fortuna millenaria.
Quando visitiamo un paesaggio o un giardino, e restiamo a bocca aperta per quant'è bello, quella che ci si palesa dinnanzi non è natura, ma è qualcosa a cui l'uomo ha messo mano, quindi arte nel senso di artificio.
Anche il cane addestrato è un'opera d'arte. Perché il cane, da sé, non sa mica cos'è la droga e, solo in questo, potremmo dirlo superiore all'uomo, solo perché non sa che cos'è il bene e che cos'è il male. Addestrarlo non significa maltrattarlo, come non si maltratta il bosso quando lo si pota a forma di palla o come quando si va a disturbare l'avermectina. Solo che l'avermectina, non avendo testa, non può dirsi disturbata.
E allora? E allora non riesco a capire cosa voglia dire essere più o meno bravi della natura. La natura (che non esisterebbe alla pari della legge di Ohm, se non ci fosse stato l'uomo) non è brava. Siamo noi quelli bravi (che brutto aggettivo!) che, quando ci diamo da fare sappiamo volgere il bene dei frutti della natura a nostro vantaggio. Perché? Perché siamo dotati di quello che la natura non ha: l'intelligenza. A meno che si voglia credere che il tostapane si sia creato da sé per aiutarci a tostare il pane, o che la Natura abbia creato l'avermectina per aiutarci a stare bene. Una Natura che aiuta, che sta dalla parte dell'uomo, sempre. Sarebbe bello: i recenti fatti del Nepal, però, smentiscono questa fallace supposizione.
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