venerdì 16 ottobre 2015

MUSICA E DECAMERON: UN SAGGIO DI FRANCESCO GALLINA



di FRANCESCO GALLINA




Dopo la qual cena, fatti venir gli strumenti,
comandò la reina che una danza fosse presa, e
quella menando la Lauretta, Emilia cantasse una
canzone, dal leuto di Dioneo aiutata. Per lo qual
comandamento Lauretta prestamente prese una
danza, e quella menò, cantando Emilia 
la seguente canzone amorosamente.

Giovanni Boccaccio, Decameron (Giornata I, Conclusione)







#Busillisblog non è autoreferenziale, ma non capita tutti i giorni di vincere la pubblicazione di un saggio grazie a uno dei più prestigiosi e antichi premi letterari italiani. Sto parlando del Premio Casentino, presieduto da uno degli idoli della critica italiana, Silvio Ramat, con cui ho avuto l'occasione di scambiare qualche pensiero sulla poesia contemporanea. Ad esempio, ci siamo trovati concordi nell'abbattere uno dei luoghi comuni più triti di cui certo lirismo italico ancora si nutre  ingenuamente, ovvero che la natura e il paesaggio sarebbero di per sé poetici, quando è invece l'uomo - e quindi il poeta - l'unico che possa scorgervi tracce di poesia. La natura non segue alcuna logica: siamo noi, con la nostra razionalità e intelligenza, a poter ordinare e rendere bello ciò che altrimenti sarebbe caotico e improduttivo. Ecco: letteratura come produzione artigianale, coltivazione degli studi e della poetica. Letteratura come un orto da coltivare, un campo da semina da cui trarre nuovi buoni frutti.






Si intitola La poetica musicale nel Decameron, il saggio frutto dell'ampliamento della tesi di laurea che si è collocato primo classificato ed è edito e distribuito da Helicon (http://www.edizionihelicon.it/index.php?page=shop.product_details&flypage=flypage.tpl&product_id=878&category_id=6&option=com_virtuemart)
Musica e Decameron, un binomio ancora tutto da esplorare: d'altronde, il capolavoro del Boccaccio si rivela una preziosa miniera ricca di informazioni riguardanti strumenti musicali, canti religiosi e profani, repertori popolari, danze e generi lirico-musicali peculiari del Trecento, secolo in cui hanno il loro massimo sviluppo la rivoluzionaria polifonia e il contrappunto. Il fine del lavoro di ricerca non è stato il solo concentrarsi su un tema effettivamente poco esplorato dalla critica, ma dimostrare come una pietra miliare della letteratura italiana potesse ancora offrire ottimi spunti di analisi, portare alla luce nuovi e brillanti campi di indagine. Il saggio ha un netto taglio scientifico, senza dimenticare un più agile scopo divulgativo, rivolgendosi ad un pubblico di specialisti e docenti, ma anche agli studenti delle scuole superiori.

La scuola è il target ideale. Perché? Perché la scuola italiana risente ancora oggi di banalizzazioni e della pesante ipoteca rappresentata dalle Prose della volgar lingua (1525), opera in cui Pietro Bembo fece del Petrarca il padre assoluto della poesia, del Boccaccio il padre della prosa, e del Decameron una raccolta di sole novelle. Il che è vero, ma semplicistico. Di lì passa la malsana idea di un Petrarca esclusivamente poeta in lingua italiana (accantonando tutta la produzione latina in prosa e poesia) e di un Decameron fatto di sole novelle, tralasciando ad esempio le ballate che alla fine di ogni giornata vengono recitate e musicate dalla giovane brigata nella rigogliosa campagna fiorentina. Ballate spesso ignorate, che rappresentano però segni eccellenti di una lettura laica e ironica sui grandi temi, topoi e motivi della poetica stilnovista. 
Una notevole presa di distanza dalla filosofia musicale espressa dal Maestro Dante: con Boccaccio, la musica non è più sbiadito riflesso delle gerarchie angeliche, frutto di un'aristotelica Causa Prima, ma prodotto umano - e non per questo inferiore, anzi.


Insomma: gli schemi assoluti si sono sempre rivelati fonti di abbagli e pregiudizi che, nel caso delle Rime del Boccaccio, ha iniziato a dipanare solo Vittore Branca; in seguito, recenti studiosi hanno finalmente abbattuto la manichea opposizione retorica fra prosa e poesia, discostandosi dall’asettica considerazione otto-novecentesca delle ballate decameroniane come puri bacini biografici sulla cui base costruire una suggestiva vita romanzata dello scrittore. Il saggio si colloca su questa linea, per dare nuova linfa alla lettura del Decameron, guidando il lettore attraverso la cornice, le novelle e le ballate, grazie a uno studio dettagliato (letterario, filosofico, musicologico e artistico), corredato da ricca bibliografia e illustrazioni tratte da codici e stampe.

Nessun commento:

Posta un commento