di FRANCESCO GALLINA
Dopo la qual cena, fatti venir gli strumenti,
comandò la reina che una danza fosse presa, e
quella menando la Lauretta, Emilia cantasse una
canzone, dal leuto di Dioneo aiutata. Per lo qual
comandamento Lauretta prestamente prese una
danza, e quella menò, cantando Emilia
la seguente canzone amorosamente.
Giovanni Boccaccio, Decameron (Giornata I, Conclusione)
#Busillisblog
non è autoreferenziale, ma non capita tutti i giorni di vincere la
pubblicazione di un saggio grazie a uno dei più prestigiosi e antichi premi letterari
italiani. Sto parlando del Premio Casentino, presieduto da uno degli idoli
della critica italiana, Silvio Ramat, con cui ho avuto l'occasione di scambiare
qualche pensiero sulla poesia contemporanea. Ad esempio, ci siamo trovati
concordi nell'abbattere uno dei luoghi comuni più triti di cui certo lirismo italico ancora si nutre ingenuamente, ovvero che la natura e il paesaggio sarebbero di per sé poetici, quando è invece l'uomo - e quindi il poeta - l'unico che possa scorgervi tracce di poesia. La
natura non segue alcuna logica: siamo noi, con la nostra razionalità e
intelligenza, a poter ordinare e rendere bello ciò che altrimenti sarebbe
caotico e improduttivo. Ecco: letteratura come produzione artigianale,
coltivazione degli studi e della poetica. Letteratura come un orto da coltivare, un campo da semina da cui trarre nuovi buoni frutti.
Si
intitola La poetica musicale nel Decameron, il saggio frutto dell'ampliamento
della tesi di laurea che si è collocato primo classificato ed è edito e
distribuito da Helicon (http://www.edizionihelicon.it/index.php?page=shop.product_details&flypage=flypage.tpl&product_id=878&category_id=6&option=com_virtuemart)
Musica
e Decameron, un binomio ancora tutto da esplorare: d'altronde, il capolavoro
del Boccaccio si rivela una preziosa miniera ricca di informazioni riguardanti
strumenti musicali, canti religiosi e profani, repertori popolari, danze e
generi lirico-musicali peculiari del Trecento, secolo in cui hanno il loro
massimo sviluppo la rivoluzionaria polifonia e il contrappunto. Il fine del
lavoro di ricerca non è stato il solo concentrarsi su un tema effettivamente
poco esplorato dalla critica, ma dimostrare come una pietra miliare della
letteratura italiana potesse ancora offrire ottimi spunti di analisi,
portare alla luce nuovi e brillanti campi di indagine. Il saggio ha un netto taglio
scientifico, senza dimenticare un più agile scopo divulgativo, rivolgendosi ad
un pubblico di specialisti e docenti, ma anche agli studenti delle scuole superiori.
La
scuola è il target ideale. Perché? Perché la scuola italiana risente ancora oggi di
banalizzazioni e della pesante ipoteca rappresentata dalle Prose della volgar lingua (1525), opera in cui Pietro Bembo fece del Petrarca il padre assoluto della poesia, del Boccaccio il
padre della prosa, e del Decameron una raccolta di sole novelle. Il che è vero, ma
semplicistico. Di lì passa la malsana idea di un Petrarca esclusivamente poeta
in lingua italiana (accantonando tutta la produzione latina in prosa e poesia) e di un
Decameron fatto di sole novelle, tralasciando ad esempio le ballate che alla
fine di ogni giornata vengono recitate e musicate dalla giovane brigata nella
rigogliosa campagna fiorentina. Ballate spesso ignorate, che rappresentano però segni eccellenti di una lettura laica e ironica sui grandi temi, topoi e motivi della poetica stilnovista.
Una notevole presa di distanza dalla filosofia musicale espressa dal Maestro Dante: con Boccaccio, la musica non è più sbiadito riflesso delle gerarchie angeliche, frutto di un'aristotelica Causa Prima, ma prodotto umano - e non per questo inferiore, anzi.
Una notevole presa di distanza dalla filosofia musicale espressa dal Maestro Dante: con Boccaccio, la musica non è più sbiadito riflesso delle gerarchie angeliche, frutto di un'aristotelica Causa Prima, ma prodotto umano - e non per questo inferiore, anzi.
Insomma:
gli schemi assoluti si sono sempre rivelati fonti di abbagli e pregiudizi che,
nel caso delle Rime del Boccaccio, ha iniziato a dipanare solo Vittore Branca;
in seguito, recenti studiosi hanno finalmente abbattuto la manichea opposizione
retorica fra prosa e poesia, discostandosi dall’asettica considerazione
otto-novecentesca delle ballate decameroniane come puri bacini biografici sulla
cui base costruire una suggestiva vita romanzata dello scrittore. Il saggio si colloca su questa linea, per dare nuova linfa alla lettura del Decameron, guidando il
lettore attraverso la cornice, le novelle e le ballate, grazie a uno studio
dettagliato (letterario, filosofico, musicologico e artistico), corredato da
ricca bibliografia e illustrazioni tratte da codici e stampe.
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