lunedì 6 luglio 2015

BUSILLIS, OVVERO DEI PUNTI





 Kazimir Malevich, Black Circle,
dal catalogo Suprematism: 34 Drawings

Punti.
Tutta una questione di punti.
Quando mancano punti di riferimento, i punti cardinali, ma anche punti fermi, ragionate distinzioni, criteri di giudizio, si tende a smarrirsi e, infine, a cadere come salami nell'errore. Il che non significa capitombolare nel Male - concetto che lasciamo volentieri a Platone and family - semmai constatare come, senza punti, nuoteremmo nell'anarchia più totale. Mettere un punto può essere salvifico come definire un limite, un confine, un semplice paletto. Il che non significa alzare muri, anzi, creare aree semantiche, culturali e intrapersonali diverse, quindi ancor più stimolanti. Ma punto è anche crepa e rottura, pausa e silenzio. Insomma, i punti, da qualsivoglia punto li si guardi, esprimono la nostra più intima, essenziale finitezza. Con buona pace di Leopardi, dei romantici, dei mistici e dei matematici.

busillis? Il termine busillis nasce da un errore di valutazione dovuto alla mancanza di spazi e punti che caratterizzava la scrittura tardo-antica dei codici. 
Leparoleeranotutteattaccatepropriocosìchemammamiachecaos.
Vuole la tradizione che il teologo Giovanni di Cornovaglia (XII), sconosciuto ai più tranne agli sfigati medievisti come me, venisse interpellato da un amanuense che, diviso un gruppo di parole, non riusciva proprio a capire cosa volesse dire il passo evangelico indie busillis magnis plenae, cioè le Indie sono piene di grandi busillis. Va bene che la maggior parte degli amanuensi era ignorante, ma che nei Vangeli si parlasse delle Indie era, effettivamente, un po' troppo. Non sappiamo se Giovanni tirò uno scappellotto al monaco, ma di una cosa siamo sicuri: si trattò di una fallace divisione sintagmatica, fenomeno ricorrente e quotidiano pane per i denti dei buoni filologi classici. Che si trattasse dell'usuale formula in diebus illis magnis plenae con cui iniziavano le declamazioni del Vangelo, è scontato e, se si conosce il latino, l'aneddoto fa sorridere. Sta di fatto che, da allora, con busillis si indica una "questione complessa", un "punto  spinoso", di difficile risoluzione. Affascinante: da un errore, da una difficoltà, da un lapsus (se vogliamo) nacque un nome. L'assenza di un punto  partorì metaforicamente un altro punto.

Quindi, dove vuoi "puntare"? Bella domanda! Il punto della questione è un... busillis. Non ho la più pallida idea di quali pieghe prenderà questo blog, ma puntualmente offrirà spunti di riflessione, analisi, snack o trucioli di pensiero su problemi attuali, legati a persone di cui valga la pena spendere due parole, critica letteraria, poesia, teatro, cinema, storia, viaggi, scuola, filosofia. E, se sbatterò la testa contro uno spigolo, anche di fashion, talk show e scie chimiche; ma dovrei sbatterla forte, molto molto forte. Dev'essere successo anche a Euclide quando scrisse che "un punto è ciò che non ha parti".
Non scherziamo! I punti non solo hanno parte, ma anche arte.




Paul Signac, Félix Fénéon, olio su tela, 1890, MoMA, New York.

 
 
Francesco Gallina
 

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