giovedì 9 luglio 2015

IL "TU" ALLA MAESTRA, OVVERO DEI RUOLI INFRANTI




di FRANCESCO GALLINA







Alle elementari, quand'ero ancora un innocente (?) pargolo, i miei compagni davano del tu alle maestre perché così lo volevano loro. Ma lo stereotipo della classe pretende sempre la presenza di un essere che, per legge cosmica, faccia il bastian contrario. E stiamo parlando del sottoscritto che, forse per un suo disturbo mentale, non ha mai avuto il coraggio di rivolgersi alle maestre come avrebbe fatto con uno dei suoi amici. Non mi sentivo diverso dagli altri se non per quel lei, che strideva come una suite di Schoenberg in mezzo a un concerto di Vivaldi.




Poi ognuno ha preso la propria strada. Ma prima di quella strada, che avrebbe condotto alle scuole medie, ricordo il giochino di quinta che consisteva, a inizio giornata, nel farci passare attraverso la porta d'ingresso dell'aula, salutando la maestra col buongiorno e dandole del lei, per poi ritornare subito dopo alla confidenza del tu. C'era bisogno di un sano allenamento: fino a quel momento era stato prassi il ciao e il tu. Alcuni vivevano la cosa come una discontinuità.
Era una bella classe la nostra, e credo che noi tutti siamo diventati delle belle persone. Ma il punto non è questo. Il punto sono io, che non sono mai stato capace di atteggiarmi con uno sconosciuto dandogli del tu. Allo stato attuale, non vedo la differenza nel dare del tu a una donna di trent'anni più grande di me (la maestra) rispetto che al professore universitario, considerando - fra l'altro - di seguire docenti non di ottant'anni, ma di trenta. Sembra di parlare con coetanei, a volte, eppure il lei è d'ordine. Allora, non è nemmeno una questione d'età. E nemmeno di importanza. Di ruoli, semmai. Ruoli.
Oggi ci si chiede perché non ci sia più rispetto per gli insegnanti: docenti di medie e superiori lamentano la sfacciataggine di alcuni ragazzi.

-"La scuola elementare è la diretta prosecuzione di quella educazione fondata sull’affetto familiare. Guardiamo al retroterra di ognuno, aiutiamo il bambino. I bambini sono buoni. La colpa, spesso, è del docente che mal si relaziona con l'alunno." sarebbe la risposta di un qualunque pedagogo sulla piazza.
-"Impariamo a rispettare le gerarchie sin da piccoli" è la mia risposta. Senza tanti giri di parole. Non è  il nocciolo del Male, dare del tu a uno sconosciuto non è certo segno di immoralità.
Ma quando il tu viene regalato come dato di fatto, le gerarchie crollano e il bambino è legittimato a vedere nella maestra la sua seconda mamma o, peggio ancora, una tata. La maestra non è il duce con la verga in mano e i bambini non sono i balilla da frustare. Non dev'essere così. Ma la maestra non dev'essere neanche l'amica
della porta accanto, quella che ti dà il bacino quando ti fai la bua.

Tra i banchini dei bambini e il maestro c'è di mezzo un tavolone. Non è un caso. Il tavolone è il lei, il banchino è il tu. Se il maestro accetta il tu, gerarchicamente parlando il tavolone diventa anch'esso banchino. 
Tra la frusta otto-novecentesca e il passivismo odierno c'è di mezzo l'eliminazione di un fondamentale allocutivo di cortesia. Il lei.

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