di FRANCESCO GALLINA
Aguzzate la vista, oh voi che passate per le strade di Parma, perché potreste imbattervi nelle stravaganti opere di un artista trentenne in piena ebollizione: Ma Rea. Nella sua tappa parmense, l'ho invitato a parlarmi di sé e della sua arte davanti a un risotto al culatello.
Chi è? Ma Rea è un poeta di strada.
Cioè? La poesia di strada si inserisce nella più ampia corrente della Street Art, generalmente in funzione dei murales o dei graffiti volti ad arricchire luoghi semiabbandonati o deserti delle città. Sebbene il legame con l'arte figurativa resti molto forte, nella poetica di Ma Rea sono la parola scarna e il suo potenziale comunicativo ed evocativo a farla da padroni.
Come? Niente graffiti, niente murales: solo piccoli pezzi di carta, plastificata e tagliata secondo varie forme, che vengono incollati con biadesivo su cestini della spazzatura, pali arrugginiti o segnali stradali. Cosa contengono questi foglietti "erranti"? Poesie fatte di versi quasi ungarettiani: poche sillabe emergenti come neri fili dal bianco della pagina, metrica libera, giochi di parole, uso frequente di assonanza dissonanza e consonanza, linguaggio semplice per raggiungere un vasto pubblico ma trattazione originale dei temi e dei contenuti, ben lungi dalla banalità - croce di molti poeti contemporanei.
A quali poeti si ispira? Al primo Ungaretti, come già detto, ma anche a Ripellino, Gatto e Raboni, Montale e Pessoa, allo spirito fanciullino di Pascoli e Rodari, alla sregolatezza di Sanguineti, all'originalità dell'americana Lucille Clifton e allo stile di Diego de Silva.
Lo scopo? Ricreare una cornice all'opera all'interno della viva realtà, favorendo il germoglio della parola poetica laddove meno ce lo si aspetta. Sradicare la poesia dai libri per coltivarla dentro parchi, parcheggi, supermercati, bar, librerie, persino bagni. In Ma Rea si miscelano l'arte povera, la decontestualizzazione dadaista di Duchamp, lo spirito provocatorio di Maurizio Cattelan e la dimensione partecipativa di González-Torres, il minimalismo dell'arte concettuale e quella necessità di un dialogo con gli spazi pubblici che deriva dalla Street art.
.E qual è la sua poetica? La freudiana poetica dello Stendiversòmio che, come lui dichiara nella tesi di laurea "è una fusione tra i termini stendibiancheria e versuro (termine dialettale veneto per indicare l’aratro). È proprio col versuro che rivolto la mia psiche (metaforicamente parlando) evocando cose profonde, esattamente come avviene con la terra, la quale viene rimestata dall’aratro e viene fuori di tutto. Poi prendo quello che ‘viene su’, lo assemblo un po’ e infine lo appendo sullo stendibiancheria in attesa che si asciughi". Ogni progetto nasce da una lunga fase di incubazione, su cui il poeta architetta prima un solido impianto teorico che si risolve, poi, in preparazione pratica. A casa produce il materiale necessario che poi, durante la notte o il giorno, applica negli spazi premeditati, incontrando non di rado le reazioni dei passanti.
Ma, insomma, chi si cela dietro Ma Rea? Un autista di bus padovano, laureato in Scienze e Tecnologie della Comunicazione, che vive a Ferrara (ma ancora per poco). Un ragazzo che scava nella sua aggrovigliata biografia per sublimare i suoi conflitti personali, le sue idiosincrasie, sotto forma di poesia. C'è tanta quotidianità nelle sue campagne (termine che si riferisce al marketing, ma anche all'espressione "battere la campagna"), poi definite tasselli, come i pezzi di un eterogeneo puzzle in perenne evoluzione.
Quali, dunque, le sue campagne?
Una campagna al mese per una poesia palese, della durata di 7 mesi, comprende:
-Cestinamenti: ispirato dai lavori del MEP, Ma Rea fa del cestino
della spazzatura un supporto capillare per la diffusione della poesia.
-Imboscate letterarie: Ma Rea entra di soppiatto nelle librerie e inserisce, qua e là nei libri, alcune sue poesie, sorpresa (ed eventuale segnalibro) per i futuri lettori.
-Nomen Omen: i panni sporchi si lavano in casa per poi esporli all'aria aperta. Così, Ma Rea appende a fili il suo bucato poetico di fogli plastificati a forma di indumenti.
-Igienicamente: è con questo progetto che ho conosciuto l'esistenza di Ma Rea, entrando nei bagni di
Palazzo Schifanoia ad agosto 2014. I suoi rotoli poetici di carta igienica sono geniali, perché aiutano metaforicamente a pulirsi, come lui dice, "dalla volgarità, dal menefreghismo e dalla meschinità della nostra società".
-Elegantismi: con la carta plastificata Ma Rea crea simboli dell’identità di genere (collane, cravatte, orecchini, occhiali, papillon), che colloca come fossero decorazione urbana su paracarri e pilastri, creando dei personaggi poetici. Fonti di ispirazione per i suoi personaggi sono stati i lavori di Pao e di Oakoak .
-Surgelamenti: Ma Rea lascia clandestinamente all’interno dei freezer dei supermercati dei contenitori di alluminio, al cui interno inserisce pesciolini di poesie surgelate. Surgelare una poesia per i momenti più difficili può essere salvifico.
-Versi da bar: sono salviettine poetiche poste all’interno di specifici contenitori situati in bar, pasticcerie, birrerie. Pulirsi la bocca da un cattivo uso della lingua italiana non solo è auspicabile, ma vitale.
Sono seguiti, o seguiranno, questi tasselli:
-Sconfinamenti, con cui Ma Rea abbandona la parola per creare situazioni poetico-performative: la prima parte di questo tassello di land art (ne sono in gestazione altre 5) è Infantilismi, che vede, a Natale 2014, gli hula hoop inanellare i rami degli alberi.
-Chi di spada ferisce di spada perisce che, con Paper Bansky, vede il poeta ritratto in foto lanciare rotoli di carta igienica: una protesta molto... intima, che cita sarcasticamente il famosissimo graffito Bansky Flower Throwing.
-Dottor Masiero e Mr Ma Rea: a marzo 2015 Ma Rea si laurea e decide di uscire allo scoperto, riempiendo un pentolaccio
tappezzato di poesie, contenente le poesie stesse. Il poeta erra per la città vestito con un paltò su cui i passanti appiccicano i foglietti: la poesia fatta uomo, l'uomo fatto poesia. All'evento sono presenti altri poeti di strada: Francesco Sartori, Francesca Pels, Mister Caos e la coppia Ste-Marta.
-Patch Poetry: al Bender Bar viene esposto al soffitto un copriletto liso dal tempo, emblema del passato che incombe sull'uomo, totalmente rivestito di poesie sulle relazioni di coppia scoppiate, tema pregnante nella biografia di Ma Rea.
-In direzione poetica ed errante, allusione alla prima antologia postuma di De Andrè In direzione ostinata e contraria, affronterà il tema del viaggio e della strada: sarà inaugurata entro la fine di luglio 2015.
-Nel mese di agosto toccherà a Dialoganti, dal contenuto ancora top secret.
-A settembre, Ma Rea darà il suo personale addio alla città di Ferrara con una mostra, al locale 381, che metterà in relazione la produzione poetica a quella fotografica del progetto Chirurgia visiva, con cui continua a dare prova di un acuto spirito pareidolico d'osservazione. Insomma, Ma Rea vede facce umane. Dappertutto.
E il risotto al culatello? Eh, niente, il risotto al culatello era davvero delizioso. Ma Rea ritornerà nell'assopita città farnese? Glielo auguro. Ci hanno tolto il Festival della Poesia, ma la Poesia vive anche sotto mentite spoglie. Quelle di Ma Rea.
Intanto, aguzzate la vista, oh voi che passate per le strade di Parma...
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