di FRANCESCO GALLINA
C'è in Marino Moretti il gusto per la rappresentazione del grigiore quotidiano che avvelena le giornate del medio borghese di inizio Novecento. La borghesia non è interessata alla poesia, e allora la poesia si abbassa al suo livello. Programmaticamente. Anche questo è crepuscolarismo, soprattutto questo. Ma c'è anche l'uso di un lessico umile e di una sintassi franta e sincopata.
Lirica con movenze prosastiche vicine al parlato e al cantabile, In cucina è tratta da Il giardino dei frutti di Marino Moretti, pubblicato nel 1915. #busillisblog ha deciso di proporla per la consueta rubrica poetica del sabato. Lungi dal roboante D'Annunzio, Moretti parla di "tegami /smaltati" (facendoli persino rimare con "t'ami"), di "mani che sanno / di carne cotta in forno": immagini antiliriche, insomma. L'ambiente della cucina è descritto nella sua massima sincerità, senza ampollose perifrasi, tendendo semmai a una semplicità che può tramutarsi in commozione e, solo talvolta, in delicata ironia.
Lirica con movenze prosastiche vicine al parlato e al cantabile, In cucina è tratta da Il giardino dei frutti di Marino Moretti, pubblicato nel 1915. #busillisblog ha deciso di proporla per la consueta rubrica poetica del sabato. Lungi dal roboante D'Annunzio, Moretti parla di "tegami /smaltati" (facendoli persino rimare con "t'ami"), di "mani che sanno / di carne cotta in forno": immagini antiliriche, insomma. L'ambiente della cucina è descritto nella sua massima sincerità, senza ampollose perifrasi, tendendo semmai a una semplicità che può tramutarsi in commozione e, solo talvolta, in delicata ironia.
Accompagniamo la poesia con una sorprendente natura morta del pittore spagnolo Juan Sancez Cotan, vissuto a cavallo fra '500 e '600.
IN CUCINA
da IL GIARDINO DEI FRUTTI di MARINO MORETTI
Madre, se vuoi ch'io t'ami
come ti conviene,
resta fra i tuoi tegami
smaltati bianchi e blu:
vuoi ch'io ti voglia più
bene, molto più bene?
Resta in cucina dove
la tua dolcezza ha un gaio
riso che mi commuove
quando passa bel bello
dall'acquaio al fornello,
dal fornello all'acquaio;
poi va', corri in giardino
e coglilo un rametto
d'adusto ramerino
o di scherzoso alloro
o qualche pomodoro
ancora un poco aspretto;
poi trita con un muto
cenno le tue cipolle
giovani pel battuto
e accortamente schiuma
la pentola che bolle,
il bricchetto che fuma;
sì che, mentre la fiamma
si fa sempre più roca
nella cappa segreta,
tu pensa che la mamma
del giovane poeta
sa fare anche la cuoca.
Oh lascia ch'io ti prenda
queste mani che sanno
di carne cotta in forno
e far sempre sapranno
ogni buona faccenda
fino all'ultimo giorno;
oh lascia ch'io ti dica:
“Triste, mammina, triste
sapere troppe cose
e cercar fra l'ortica
o fra le vuote ariste
rose e foglie di rose;
dolce invece sostare
in questi vaghi odori
guardando il focolare
e i fumi di vapori
che con labile volo
escono dal paiuolo”.
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