sabato 30 luglio 2016

UN POETA A CASO, MA NON TROPPO: GIUSEPPE UNGARETTI




di FRANCESCO GALLINA



C'è, per dirla con Boris Pasternak, una "mutezza completa" contro la quale Ungaretti ha da sempre combattuto attraverso l'arte della poesia. Non la sola Grande Guerra cerca di annientare il frutto più rivoluzionario dell'essere umano - la parola -. Fra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale altri ordigni corrodono la vita del poeta alessandrino: prima la morte del fratello nel 1937 e poi quella dell'adorato figlio Antonietto, nel 1939. Quell'anno Ungaretti ritorna in Italia, dopo che il Brasile si schiera contro l'asse Mussolini-Hitler. 
Trascorsa la stagione di Sentimento del tempo (1933), germogliano dunque dalla sua penna altre liriche, che confluiranno nella raccolta Il dolore, pubblicata solo nel 1947. 
L'Amaro accordo, che oggi proponiamo, è dovuto all'accostamento che il poeta fa tra un "bimbo" che ammira le statue dei Dioscuri in piazza del Quirinale a Roma e il ricordo di Antonietto, immerso nel paesaggio esotico brasiliano, prima di essere strappato alla vita da un'appendicite mal curata. Solo la poesia può esorcizzare - almeno momentaneamente - la morte "incolore e senza sensi" e il tormento che essa provoca.
Per la consueta rubrica poetica del sabato di #busillisblog, accompagniamo la lirica con uno straordinario particolare della Strage degli Innocenti affrescata da Giotto nella Cappella degli Scrovegni. Un Giotto di un'attualità sconvolgente.


AMARO ACCORDO

da IL DOLORE di GIUSEPPE UNGARETTI



Kunsthistorisches Institut Florenz, Giotto di Bondone - sec. XIV - Strage degli innocenti - particolare
Foto tratta dal catalogo della Fondazione Zeri*



Oppure in un meriggio d'un ottobre
dagli armoniosi colli
in mezzo a dense discendenti nuvole
i cavalli dei Dioscuri,
alle cui zampe estatico
s'era fermato un bimbo,
sopra i flutti spiccavano

(Per un amaro accordo dei ricordi
verso ombre di banani
e di giganti erranti
tartarughe entro blocchi
d'enormi acque impassibili:
sotto altro ordine d'astri
tra insoliti gabbiani)

Volo sino alla piana dove il bimbo
frugando nella sabbia,
dalla luce dei fulmini infiammata
la trasparenza delle care dita
bagnate dalla pioggia contro vento,
ghermiva tutti e quattro gli elementi.

Ma la morte è incolore e senza sensi
e, ignara d'ogni legge, come sempre,
Già lo sfiorava
coi denti impudichi.






giovedì 28 luglio 2016

IL PIDOCCHIO DI PARMA




di FRANCESCO GALLINA












Il centro di Parma è un romanzo storico all'aria aperta. Al di là del Duomo e del Battistero, della Galleria Nazionale e della Camera di San Paolo, ci si può imbattere in piccole - quasi invisibili - chicche, che dovrebbero essere riportate alla luce e alla conoscenza tanto dei parmigiani quanto dei turisti. Oggi #busillisblog vi accompagna alla scoperta di un simbolo nascosto nel cuore pulsante della magnifica città emiliana.

Lardo, ma anche formaggio, pesce, olio, salumi e carne salata. A Parma, in quella che oggi è via Farini, l'autorevole Confraternita dei Lardaroli parmensi commerciava i migliori frutti dell'arte agricola e gastronomica parmigiana che, da allora, si è trasmessa fino ai giorni nostri, malgrado maldestri tentativi di tarocchi e TTIP. Bisognerà attendere il 7 agosto 1612 perché venga attestata giuridicamente con statuto farnesiano la denominazione di origine del Parmigiano in qualità di prodotto derivato dal latte munto solo in determinate località del Ducato: è in assoluto il più antico documento di denominazione di origine di un prodotto alimentare, stipulato nella sede della Confraternita, che aveva sede dietro l'attuale Libreria Feltrinelli, in vicolo delle Cinque Piaghe. 


Ma ritorniamo a Via Farini, anticamente chiamata Strada dei Genovesi per i banchi dei mercanti che trasportavano le delizie parmigiane verso il porto di Genova, dove il Parmigiano in parte era commerciato e in parte consumato a bordo dagli stessi naviganti. Ecco, l'ingresso a Strada dei Genovesi era chiuso in un punto preciso, esattamente all'angolo fra via Farini e l'odierna via Ferdinando Maestri.
Osservate bene: sulla vostra destra troverete quella che a primo acchito sembra una picca capovolta. Quel riquadro si trova ai piedi della Torre Pediculosa, cioè la Torre del Pidocchio. Perché quella scolpita è proprio l'immagine di un pidocchio. Cosa ci fa un pidocchio nel centro della città? In questo punto, i montanari che scendevano dagli Appennini, in quanto potenziali portatori di pidocchi, avevano l'obbligo di lavarsi se volevano accedere al mercato e alla città. Norme igieniche d'altri tempi che, unite a un rispetto sacro - nel vero senso della parola - per il cibo, rendevano la Parma dell'età moderna terra di sapienza enogastronomica (e affaristica).

Anche dietro a un piccolo, insignificante, pidocchio, si cela una sorprendente storia da tramandare: la nostra tradizione.







sabato 23 luglio 2016

UN POETA A CASO, MA NON TROPPO: UMBERTO SABA




di FRANCESCO GALLINA




Pervaso dall'irrequietudine, l'Ulisse di Saba assomiglia da vicino a quello dantesco, anche se non vuole espressamente valicare alcun confine prestabilito. Pur di non accogliere la sicurezza offerta dai porti, Ulisse preferisce mantenersi al largo, per combattere l'insidia della paralisi che la vecchiaia spesso porta con sé. Ama naufragare, mettere in gioco la sua stessa vita, sceglie il rischio di incagliare, di scivolare, cadere per cercare eroicamente di rialzarsi. Alla casa stabile e accogliente, Ulisse opta per la terra di nessuno. Dietro questo Ulisse c'è il Saba anziano, ma anche la reminiscenza del Saba che in gioventù aveva fatto esperienza di mozzo su di una nave. Ulisse conclude Mediterranee, quarta sezione del terzo e ultimo volume del Canzoniere
Per la consueta rubrica del sabato di #busillisblog, accompagniamo gli endecasillabi sabiani con un olio su tela di Giorgio De Chirico, dal titolo Il ritorno di Ulisse (1968), in cui è reso alla perfezione il concetto di viaggio come condizione mentale permanente. Ulisse è in un mare aperto, ma allo stesso tempo delineato da un netto perimetro domestico. Si può viaggiare, insomma, anche senza viaggiare.








ULISSE


Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d'onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede, 
coperti d'alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l'alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l'insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.


lunedì 18 luglio 2016

SUMMERKERMESSE 3, LA RASSEGNA DI MUSICA ANTICA A PARMA DAL 23 LUGLIO ALL'8 AGOSTO




di FRANCESCO GALLINA










Per il terzo anno consecutivo torna a Parma SUMMERKERMESSE, la rassegna culturale dedicata alla musica antica e folk molto particolare, giovane, spigliata e che propone argomenti accattivanti e curiosi. Summerkermesse 3, nata da una collaborazione di Silentia Lunae con l’Assessorato alla Cultura di Parma, vede coinvolti luoghi storici della città quali il Tempietto del Parco e la Pinacoteca Stuard, nell’anno del Bicentenario di Maria Luigia.

Due dei cinque appuntamenti dedicati a musica, storia, cultura e svago si terranno presso la Pinacoteca: mercoledì 27 luglio, un suggestivo programma dedicato alla musica scozzese del 1700 con “Highland Moores”, che farà gustare al pubblico una combinazione unica di ‘strumenti itineranti’ molto in voga all’epoca, la cornamusa e il violino, grazie alla presenza di Maurizio Cadossi e Alberto Bertolotti. Gighe e tipici Reels tratti da collezioni di Niel Gow si alterneranno alle suggestive ballads cantate da Maria Caruso, interprete che spazia dai repertori antichi al Novecento e che è stata recentemente ospite di uno scambio internazionale della Federazione Italiana di Musica Antica a Bucarest.

Lunedì 8 agosto alla Pinacoteca Stuard, una raffinatissima collezione di arie e cantabili di Paganini, Bellini, Donizetti, Rossini e Berlioz per “A casa di Maria Luigia”, con Maria Caruso, soprano, e la bravissima Federica Bartoli, contralto, Maurizio Cadossi, violino e Richard Benecchi, chitarra classica. L’intreccio di vite, amori, aneddoti storici e musicali ricostruirà la narrazione della vivace epoca di Maria Luigia a Parma, attraverso la scena musicale e culturale che ruotava intorno alla figura di Niccolò Paganini. 

Gli altri incontri, dedicati alla musica folk, l’archeologia musicale e la musica pastorale e aulica, si terranno al Tempietto del Parco Ducale, luogo amato da Maria Luigia che rappresenta parte della memoria storica della nostra città, valorizzato dai concerti in occasione del suo bicentenario. 

Fra questi segnalo DECAMERON - Boccaccio e la poetica musicale, che mi vedrà protagonista insieme alla violinista e soprano Maria Caruso e al liutista Richard Benecchi. Si terrà il 24 luglio al Tempietto del Parco Ducale e, in caso di maltempo, il 25 luglio. Alle ore 17 presenterò il saggio La poetica musicale nel Decameron, vincitore assoluto del Premio Casentino 2015, fondato da Carlo Emilio Gadda e oggi presieduto da Silvio Ramat dell'Università di Padova. Il saggio analizza i sorprendenti rapporti fra il capolavoro del Boccaccio e la musica trecentesca. Il Decameron si rivela una preziosa miniera ricca di informazioni riguardanti strumenti musicali, canti religiosi e profani, repertori popolari, danze e generi lirico-musicali peculiari del Trecento, secolo in cui hanno il loro massimo sviluppo la rivoluzionaria polifonia e il contrappunto. Il fine del lavoro di ricerca, che si concentra su un tema poco esplorato dalla critica, dimostra come una pietra miliare della letteratura italiana possa ancora offrire ottimi spunti di analisi, portando alla luce nuovi e brillanti campi di indagine. 
Alle ore 18 inizia il concerto. Immersi nella natura, fra letture, canti e musiche tratte direttamente dal Trecento, potrete godere di alcune chicche come il Jeu de Robin et Marion, la ballata La Novella della Badessa, gustosissime e profane facezie antifratesche e infine... aperitivo musicale! 

Silentia Lunae, la cui missione è presentare repertori storicamente informati e filologici, riesce a proiettare la vitalità di questa ricerca senza compromessi sull’integrità della musica e senza contaminazioni, ma coinvolgendo accoratamente il pubblico.

In caso di maltempo, gli eventi di sabato 23/7 e sabato 6/8 si terranno all’interno del Palazzetto Eucherio Sanvitale, mentre l’evento del 24/7 sarà spostato al 25/7. Per info: SITO WEB violadagamba9.wix.com/summerkermesse3.


CALENDARIO

SUMMER KERMESSE 3
È un classico. È fresca. E si può gustare al Parco…

Sabato 23 luglio – Tempietto del Parco Ducale
APOLLO E MARSIA – la musica pastorale e aulica
tradizioni, storia, mito
Ore 16 Laboratorio per bambini: costruisci un flauto di Pan! 
Ore 17 Conferenza: Il Mito di Apollo e Marsia
Con Mirco Mungari, archeomusicologo, Alberto Bertolotti, cornamuse e zampogne, 
ore 18 CONCERTO Maria Caruso, Alberto Bertolotti, Mirco Mungari,  Richard Benecchi.


Domenica 24 luglio – Tempietto del Parco Ducale
DECAMERON – Boccaccio e la poetica musicale
Dalle 16 Mostra di pittura e fotografia
Ore 17 Conferenza e presentazione a cura di  Francesco Gallina
Ore 18 CONCERTO Maria Caruso, voce, arpa gotica e viola da gamba, Richard Benecchi, liuto, Francesco Gallina, voce narrante.


Mercoledì 27 luglio – Pinacoteca Stuard 
HIGLAND MOORS – atmosfere scozzesi del 1700
Ore 16 Conferenza con Maurizio Cadossi, Maria Caruso, Alberto Bertolotti.
Ore 17 CONCERTO con Maurizio Cadossi, violino, Maria Caruso, violino e voce Alberto Bertolotti, cornamusa, Richard Benecchi, chitarrone e chitarra .


Sabato 6 agosto – Tempietto del Parco Ducale
MINT JULEP – The Great Kentucky Derby e il 1700 americano
Ore 17.30 conferenza sulla musica folk americana 
Ore 18 CONCERTO duo SILENTIA LUNAE, voce, violino, chitarra classica.


Lunedì 8 agosto - Pinacoteca Stuard 
A CASA DI MARIA LUIGIA – concerto intrecciato al racconto di aneddoti e vita
Ore 16 Maria Luigia, la figura storica con Brindisi a base di Mint Julep analcolico .
Ore 17  CONCERTO con Maria Caruso, Soprano e Federica Bartoli, contralto, Maurizio Cadossi, violino, Richard Benecchi, chitarra classica 

Per i giorni 23/7 e 6/8, in caso di maltempo le attività previste al Tempietto si svolgeranno all’interno del Palazzetto Eucherio Sanvitale.
Per il giorno 24/7, in caso di maltempo l’attività è rimandata al 25/7. 
INFO tel.3498333689 
WEB violadagamba9.wix.com/summerkermesse3

S I L E N T I A  L U N A E
In collaborazione con: Assessorato alla Cultura di Parma
Pinacoteca Stuard









mercoledì 13 luglio 2016

DANTE E L'ISLAM, UN BINOMIO SOTTOVALUTATO



di FRANCESCO GALLINA





Gli ultimi cinque pontefici hanno celebrato Dante come un - oserei dire - camerata cristiano, rendendo cristiano-ortodossa una dottrina - quella dantesca - che ortodossa non è. E lo sapeva bene la Chiesa del passato, che si è divertita a censurare la Commedia e a cacciare la Monarchia sull'Indice dei Libri proibiti senza farsi tanti problemi.
Dopo gli attentati di Parigi, sono poi saltati fuori quelli di Gherush92, Comitato per i Diritti umani che chiede con forza eliminare la Divina Commedia dalle scuole, in quanto poema discriminatorio, offensivo, razzista, antisemita e islamofobo. Evidentemente, Gherush92 non ha mai letto Dante. Altrimenti avrebbe constatato quanto Dante collochi sì Maometto fra gli scismatici, in Inf. XXVIII, ma non proferisca parola alcuna contro l’Islam, considerando Maometto come un eretico qualunque, alla stregua di fra Dolcino. 

Ma procediamo con ordine.


Se è eccessivo parlare di Dante come del Sommo Poeta partorito dall’Islam (cfr. P. Di Stefano, Dante. Il sommo poeta partorito dall’Islam, in «Corriere della Sera», 31 dicembre 1999, p. 33), mi sembra degno di nota accennare alle tesi – foriera tutt’ora di infiammati dibattiti accademici – secondo le quali Dante è debitore del pensiero islamico (come sostenne per primo M. Asìn Palacios nel suo stupefacente saggio del 1919, L’escatologia islamica nella «Divina Commedia»), e in particolare del Libro della Scala (titolo originale Kitāb al-Miʽrāǵ). Scoperto solo negli anni Quaranta del Novecento, per volere di Alfonso X il Savio il libro del secolo VIII venne tradotto intorno al 1264 dalla Scuola Toledana, prima dall’arabo al castigliano, successivamente in latino e in francese antico da Bonaventura da Siena, esule toscano ghibellino e notaio alla corte del monarca di Castiglia. È possibile che Dante potesse conoscere la storia del viaggio nell’oltretomba che vede per protagonista Maometto, perché poteva averne conoscenza tramite il maestro Brunetto Latini, capo di un’ambasceria di guelfi fiorentini e intellettuale rimasto a lungo in contatto con la cultura castigliana durante il suo periodo francese. Ma è anche possibile, come sostiene Ugo Monneret De Villard nel suo Studio dell’Islam in Europa nel XII e nel XIII secolo, che “la traduzione […] facilmente poteva giungere in uno o più esemplari a Firenze per una qualsiasi via, recata magari da uno dei molti commercianti pisani che in quel tempo largamente trafficavano con la Spagna tanto cristiana quanto musulmana”

Il Libro, nella traduzione approntata da Bonaventura da Siena, è stato edito da E. Cerulli, Il ‘Libro della Scala’ e la questione delle fonti arabo-spagnole nella Divina Commedia (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1949), ed è disponibile in traduzione italiana con testo latino a fronte nella recente edizione del 2013 a cura di Anna Longoni, per i caratteri della BUR.

In Italia, paladina della tesi è stata principalmente Maria Corti, che si è battuta nel dimostrare con un approccio critico quanto il Libro della Scala abbia rappresentato un importante modello intertestuale della Commedia. In un’intervista all’Ems, Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche Rai, dichiara: “Non c’è nessuno dei testi dati da Asìn Palacios, che si possa provare essere una fonte di Dante. Per esserlo bisogna che nel testo che è fonte e nel testo che subisce la fonte, ci siano non solo i racconti di eguali episodi, cioè corrispondenze tematiche, ma ci devono essere corrispondenze formali”. Discorso diverso vale per il Libro della Scala.

Sebbene il viaggio di Maometto è speculare a quello dantesco (l’ascesa al Paradiso precede la discesa agli inferi),  molteplici sono gli evidenti punti di contatto, a partire dall’arcangelo Gabriele che sveglia Maometto dal suo iniziale stato di sonnolenza per guidarlo e sorreggerlo lungo il viaggio. Come Dante è ostacolato dalle tre fiere, anche Maometto è subito tentato da tre voci. La scala, che conduce Maometto e Gabriele dalla Terra al Primo Cielo della luna, è popolata da angeli luminosi, così come la scala di Giacobbe che porta Dante dalla settima cornice purgatoriale al Paradiso Terrestre. A questo punto, così come Virgilio è sostituito da Beatrice, Gabriele è sostituito dall’angelo tesoriere del Paradiso, Ridwan, che lo accompagna al cospetto di Dio che, al pari degli angeli e delle anime beate, è purissima claritas, metafisica della luce che causa la perdita della vista; Dante dirà in Par. XXXIII, 61 – 63: “quasi tutta cessa / mia visione, ed ancor mi distilla / nel core il dolce che nacque da essa”. L’Inferno è costituito da sette balze (la prima e l’ultima stravolte dal vento) degradanti verso la sede del Diavolo, incatenato come lo è nella Commedia il gigante Efialte (Inf. XXXI, 86 – 88). L’habitatio dyaboli ricorda la città di Dite descritta in Inf. VIII: è un castrum cinto da un valla, con muri, turres, moenia et domus omnes che sono de igne valde nigro e con una porta, per quam vadit homo ad infernum magnum, che ricorda l’“intrata” dalla quale Flegias invita Dante e Virgilio ad entrare. A proposito della nona bolgia, sede in cui giace Maometto e  i seminatori di discordia, sorprendente risulta l’intertestualità fra la Commedia e il Libro della Scala, laddove Gabriele spiega a Maometto la fine di coloro qui verba seminant ut mittant discordiam inter gentes. Per la Corti non è casuale la ripresa della metafora del seminare in Inf. XXVIII, 35, dove Maometto viene definito “seminator di scandalo e di scisma”, Maometto che è dilaccato così come lacerate e squartate sono le anime infernali nel Libro. Si tratterebbe di un’“operazione ludica dantesca”, per cui “Come spesso accade, un dato, una metafora diventano per l’eccezionale e immaginazione dantesca generatori di iniziative tematiche e formali.”

Recentemente Luciano Gargan, nei suoi studi filologico-letterari raccolti in Dante, la sua biblioteca e lo studio di Bologna (Antenore, 2014), ha avanzato la tesi per la quale Dante sarebbe potuto entrare in contatto con il Libro della Scala sia nella facoltà di arti e medicina di Bologna, magari per mezzo di Brunetto Latini, ma anche nella biblioteca di San Domenico, a cui fra Ugolino, arcarius e custos dell’arca sepolcrale di san Domenico, donò nel 1312 il Liber Scalae Machometi insieme ad altri tredici testi. 

Gherush92 si chiede: "Quale sarebbe il vantaggio di studiare il Maometto descritto nel canto XXVIII dell’Inferno? Quale il vantaggio di studiare il Giuda Iscariota del canto XXXIII, condannato come traditore? Come evitare il senso di imbarazzo, frustrazione, umiliazione ed offesa che i versi di Dante veicolano? Come frenare l’istigazione all’odio che da tali versi emerge dirompente?". 

#busillisblog tace. Lascia ai cervelli pensanti le dovute risposte, al pensiero di critico degli studenti la libertà (e il dovere) di leggere Dante. 

sabato 9 luglio 2016

UN POETA A CASO, MA NON TROPPO: ALDO PALAZZESCHI



di FRANCESCO GALLINA


Pensavo in questi giorni alla scorsa estate, quando andava in onda su Rai3 quella piccola deliziosa chicca settimanale che era E lasciatemi divertire, dove grande mattatore era Paolo Poli, attore e Uomo fuori dagli schemi, dalla vicenda umana solipsistica, con una prospettiva sul mondo un po' anarchica, ma di quell'anarchia che non disturba, perché ironica, delicata e rispettosa. Pensavo che Paolo Poli non è più e che programmi come quello, nella loro estrema semplicità di scrittura e montaggio, nascono qualche volta su Rai5 o su RaiStoria. Pensavo che Paolo Poli è così simile ad Aldo Palazzeschi, perché dotato dello stesso garbo che sa pungere per un attimo, attimo necessario perché il liquido penetri a fondo e faccia riflettere. Ma non subito e poi basta. Una riflessione a cottura lenta. Piacevole, ma non banale, che sa rivelare col sorriso il marcio della società, senza sputare odioso moralismo da quattro soldi. Un ottima strada per farlo, ad esempio, è descrivere le bestialità dell'umanità attraverso la bestialità della natura, che è bestiale per natura (e non è un gioco di parole).  
Quando le rose sono puttane e i gigli pederasti, allora siamo approdati a I fiori di Aldo Palazzeschi, che proponiamo oggi per la consueta rubrica poetica del sabato di #busillisblog. 
Pubblicata prima su «Lacerba» e poi nell'Incendiario, la poesia è un invito che il poeta rivolge a se stesso per uscire dalla Natura, fuori dal perbenismo, laddove solo l'irriverenza può mostrare la vera faccia delle cose. La accompagniamo con un'illustrazione della Mandragola, tratta dal codice del botanico Rembert Dodoens, Stirpium historiae pemptades sex. Una mandragola sensuale, molto sensuale. Quasi una modella.



I FIORI 

da INCENDIARIO di ALDO PALAZZESCHI







Non so perché quella sera,
fossero i troppi profumi del banchetto...
irrequietezza della primavera...
un’indefinita pesantezza
mi gravava sul petto,
un vuoto infinito mi sentivo nel cuore...
ero stanco, avvilito, di malumore.
Non so perché, io non avea mangiato,
e pure sentendomi sazio come un re
digiuno ero come un mendico,
chi sa perché?
Non avevo preso parte
alle allegre risate,
ai parlar consueti
degli amici gai o lieti,
tutto m’era sembrato sconcio,
tutto m’era parso osceno,
non per un senso vano di moralità,
che in me non c’è,
e nessuno s’era curato di me,
chi sa...
O la sconcezza era in me...
o c’era l’ultimo avanzo della purità.
M’era, chi sa perché,
sembrata quella sera
terribilmente pesa
la gamba
che la buona vicina di destra
teneva sulla mia
fino dalla minestra.
E in fondo...
non era che una vecchia usanza,
vecchia quanto il mondo.
La vicina di sinistra,
chi sa perché,
non mi aveva assestato che un colpetto
alla fine del pranzo, al caffè;
e ficcatomi in bocca mezzo confetto
s’era voltata in là,
quasi volendo dire:
"ah!, ci sei anche te".

Quando tutti si furono alzati,
e si furono sparpagliati
negli angoli, pei vani delle finestre,
sui divani
di qualche romito salottino,
io, non visto, scivolai nel giardino
per prendere un po’ d’aria.
E subito mi parve d’essere liberato,
la freschezza dell’aria
irruppe nel mio petto
risolutamente,
e il mio petto si sentì sollevato
dalla vaga e ignota pena
dopo i molti profumi della cena.
Bella sera luminosa!
Fresca, di primavera.
Pura e serena.
Milioni di stelle
sembravano sorridere amorose
dal firmamento
quasi un’immane cupola d’argento.
Come mi sentivo contento!
Ampie, robuste piante
dall’ombre generose,
sotto voi passeggiare,
sotto la vostra sana protezione
obliare,
ritrovare i nostri pensieri più cari,
sognare casti ideali,
sperare, sperare,
dimenticare tutti i mali del mondo,
degli uomini,
peccati e debolezze, miserie, viltà,
tutte le nefandezze;
tra voi fiori sorridere,
tra i vostri profumi soavi,
angelica carezza di frescura,
esseri puri della natura.
Oh! com’ è bello
sentirsi libero cittadino
solo,
nel cuore di un giardino.
- Zz... Zz…
- Che c’è?
- Zz... Zz...
- Chi è?
M’avvicinai donde veniva il segnale,
all’angolo del viale
una rosa voluminosa
si spampanava sulle spalle
in maniera scandalosa il décolleté.
- Non dico mica a te.
Fo cenno a quel gruppo di bocciuoli
che son sulla spalliera,
ma non vale la pena.
Magri affari stasera,
questi bravi figliuoli
non sono in vena.
- Ma tu chi sei? Che fai?
- Bella, sono una rosa,
non m’hai ancora veduta?
Sono una rosa e faccio la prostituta.
- Te?
- Io, sì, che male c’ è?
- Una rosa!
- Una rosa, perché?
All’angolo del viale
aspetto per guadagnarmi il pane,
fo qualcosa di male?
- Oh!
- Che diavolo ti piglia?
Credi che sien migliori,
i fiori,
in seno alla famiglia?
Voltati, dietro a te,
lo vedi quel cespuglio
di quattro personcine,
due grandi e due bambine?
Due rose e due bocciuoli?
Sono il padre, la madre, coi figlioli.
Se la intendono... e bene,
tra fratello e sorella,
il padre se la fa colla figliola,
la madre col figliolo...

Che cara famigliola!
È ancor miglior partito
farsi pagar l’amore
a ore,
che farsi maltrattare
da un porco di marito.
Quell’oca dell’ortensia,
senza nessun costrutto,
si fa sì finir tutto
da quel coglione
del girasole.
Vedi quei due garofani
al canto della strada?
Come sono eleganti!
Campano alle spalle delle loro amanti
che fanno la puttana
come me.
- Oh! Oh!
-  Oh! ciel che casi strani,
due garofani ruffiani.
E lo vedi quel giglio,
lì, al ceppo di quel tiglio?
Che arietta ingenua e casta!
Ah! Ah! Lo vedi? È un pederasta.
- No! No! Non più! Basta.
- Mio caro, e ci posso far qualcosa
io,
se il giglio è pederasta,
se puttana è la rosa?
- Anche voi!
- Che maraviglia!
Lesbica è la vainiglia.
E il narciso, quello specchio di candore,
si masturba quando è in petto alle signore.
- Anche voi!
Candidi, azzurri, rosei,
vellutati, profumati fiori...
- E la violacciocca,
fa certi lavoretti con la bocca...
- Nell’ora sì fugace che v’è data...
- E la modestissima violetta,
beghina d’ogni fiore?
Fa lunghe processioni di devozione
al Signore,
poi... all’ombra dell’erbetta,
vedessi cosa mostra al ciclamino...
povero lilli,
è la più gran vergogna
corrompere un bambino
- misero pasto delle passioni.
Levai la testa al cielo
per trovare un respiro,
mi sembrò dalle stelle pungermi
malefici bisbigli,
e il firmamento mi cadesse addosso
come coltre di spilli.
Prono mi gettai sulla terra
bussando con tutto il corpo affranto:
- Basta! Basta!
Ho paura.
Dio,
abbi pietà dell’ultimo tuo figlio.
Aprimi un nascondiglio
fuori della natura!

mercoledì 6 luglio 2016

55.000 VISUALIZZAZIONI: IL PRIMO ANNO DI BUSILLIS



di FRANCESCO GALLINA


Punti. Tutta una questione di punti. Quando mancano punti di riferimento, i punti cardinali, ma anche punti fermi, ragionate distinzioni, criteri di giudizio, si tende a smarrirsi e, infine, a cadere nell'errore. 






Iniziava così l'avventura di questo blog. Tanto per vedere di nascosto l'effetto che fa. E oggi diventa bebè. Un anno di vita. #busillisblog nacque proprio un anno fa, il 6 luglio 2015. Perché proprio il 6 luglio? Non c'è un perché. Chi mi segue sa che sono intollerante alla numerologia, all'oroscopo e alla metafisica. Dunque, #busillisblog nasce un qualunque giorno di luglio sulle tracce di Tommaso, che non ci crede se non ci mette il naso. Ma anche di Feuerbach, Freud, Popper e di tutti coloro che si fanno un baffo degli -ismi. E del Politicamente Corretto, figlio del nazismo, ma nato al contrario: brutto, deforme, disumano. Un alieno. Ma il popolo del 2016 si eccita davanti agli UFO e sbava dinanzi a -ismi e politically correct. Segno che stiamo diventando stupidi più delle bestie e che Darwin non aveva capito niente. Infatti ha avuto grande seguito.

#busillisblog ha il marchio del dubbio, lo stigma dell'imperfezione. E ne va fiero. #busillisblog è il diverso per eccellenza, come diversi siamo tutti noi, tanto diversi che vogliamo per forza renderci uguali sulla base di ideologie sessantottine. #busillisblog, invece, è l'elogio del pensiero nella sua sovranità. Il pensiero è re, ma qualche volta può incepparsi. Lo scacco matto è sempre all'erta. Per questo ho reso degno onore al teologo Giovanni di Cornovaglia che non riusciva proprio a raccapezzarsi di fronte al passo evangelico indie busillis magnis plenae. Non ci arrivava a capire che le Indie, nelle Sacre Scritture, non potevano esserci? E allora? E allora era sufficiente spezzare le parole: in diebus illis magnis plenae. Un amanuense aveva commesso un errore. E da un errore nasce una parola. Una parola bella, di certo non petalosa. 

 175 sono gli articoli scritti, 55.000 le visualizzazioni. 

Di cosa si è parlato? Di filosofia, arte, letteratura, poesia, politica, musica, teatro, cinema e religione. Parole d'ordine: ironia, provocazione e critica. Anche per questo #busillisblog ha avuto così successo: perché ha trattato argomenti complessi da un'ottica insolita. Ma ha avuto successo solo e soltanto GRAZIE a voi lettori, assidui, o che siete capitati qui per caso o che approderete su queste sponde nel futuro. Non sarà retorica ricordare che senza di voi, #busillisblog non esisterebbe. 

#busillisblog vuole essere un luogo di incontro e di dibattito, anche acceso, come è stato per molti articoli pubblicati. Dal contrasto può nascere qualcosa di nuovo e bello, ma sempre se il contrasto è gentile, ponderato e civile. Questo blog vuole essere la pedina di una grande scacchiera, una qualsiasi. Perché? Perché sappiamo che ogni pedina ha un suo valore e qualsiasi pezzo di scacchi muoviamo mettiamo in discussione la posizione di tutti gli altri. Muovere una pedina significa operare una scelta. Operare una scelta significa modificare noi stessi e la scacchiera nella sua interezza. Mossa una pedina, sono costrette a muoversi tutte le altre, secondo infinite combinazioni. Io sono un giocatore di scacchi, #busillisblog è la mia pedina. Ora tocca a voi. Non vi resta che unirvi al gioco.



TOP 8 DEGLI ARTICOLI PIÙ LETTI






- I rimandati (quasi sempre promossi), ovvero delle improduttive magie scolastiche: http://busillisblog.blogspot.it/2015/09/i-rimandati-quasi-sempre-promossi.html



- Le petalose conseguenze, ovvero dello scrivere a scuola. http://busillisblog.blogspot.it/2016/03/le-petalose-conseguenze-ovvero-dello.html




- Ci siamo calati le braghe davanti all'Islam, ma senza mostrare i nostri genitali. http://busillisblog.blogspot.it/2016/01/ci-siamo-calati-le-braghe-davanti.html

- Misticismo 2.0. Le ragioni metafisiche del successo di Giovanni Allevi. http://busillisblog.blogspot.it/2015/09/misticismo-20-le-ragioni-metafisiche.html