di FRANCESCO GALLINA
Una volta una signora sedicente poetessa (chi non è poeta oggi?) mi chiede di correggerle il suo libro di poesie. Non sono tante, mi dice, e a suo avviso la cosa si può fare in poco tempo, qualche giorno. Non chiede solo che vengano corretti eventuali refusi, ma che vengano sistemate per essere più musicali: insomma, un restyling a tutti gli effetti. Al che io le faccio presente che ho una laurea e che tra poco avrò la seconda, ricordandole che sono disoccupato e che ho accumulato le credenziali per richiedere un compenso. Roba da poco mi chiede lei, roba da poco le chiedo io. Con ricevuta, (persino). Ma lei fa storie, e io le rispondo che ho pagato cinque anni di tasse universitarie per avere quella sufficiente capacità di fare bene - non ad minchiam - quello che lei mi chiede, o meglio, pretende che io faccia. Cioè ho pagato di mia sponte soldi perché mi venisse insegnato a svolgere un lavoro, in questo caso il correttore di bozze, altrove il critico letterario. E, tra parentesi, studio e preparazione continuano e continueranno finché campo. E aggiungo che se è così semplice come lei pensa, può farselo da sé.
Lo stesso mi è capitato con un regista, che credeva di trovare davanti un pivello e voleva che gli dessi il soggetto per un film gratuitamente, e quando mi sono rifiutato ha attaccato la solfa che i soldi non fanno la felicità. Bugiardi sono coloro che non danno valore ai soldi, perché i soldi sono materia e frutto di un riconoscimento, concezione ben diversa dall'ossessione di zio Paperone.
Ora, Dario Franceschini invita i musicisti, giovani o vecchi che siano, a farsi ascoltare gratuitamente alla Festa della Musica. Franceschini, in altre parole, invita alla prostituzione. Una prostituzione intellettuale. Lavorare gratis è una forma di lenocinio. Il Ministro della Cultura non fa altro che incentivare l'idea che le arti, in primis quella musicale, sono aria fritta e che, tutto sommato, il musicista non è un lavoratore (mi sto riferendo ai musicisti seri), ma un gaio strimpellatore che per legge non scritta deve produrre godimento al vasto pubblico. Gratis.
Peccato che chi monterà i palcoscenici e chi regolerà le luci due soldi (perché non si chiede molto di più) se li porteranno a casa. Non è questione di ricchezza: è questione di rispetto. Ai tanti artisti che hanno aderito consiglio di andare dal macellaro sotto casa loro e provare a chiedergli anche solo una fettina di fesa gratis. E preghino che la mannaia non li colpisca. E consiglio di fare lo stesso all'elettricista, al meccanico, all'idraulico, al dentista e, naturalmente, a Franceschini. Egregio ministro, lei lavorerebbe gratis per un mese? Perché almeno un mese ci vuole per prepararsi degnamente a comporre e suonare un pezzo in pubblico. Sarebbe disposto a farlo? Fa parte della cultura anche pagare gli artisti o almeno essere mecenati e offrire loro, che ne so, il viaggio di andata e ritorno, rimborsarli di una cena. Gli artisti rinascimentali erano bravissimi nel cambiare bandiera passando dalla corte che li pagava di meno a quella che li pagava di più. Perché l'Italia riparta deve radicarsi nuovamente l'idea che i prodotti artistici di qualità di pagano, dato che si pagano anche quelli di qualità pessima. Tutto è il resto è solo fare cultura musicale con il deretano degli altri. Hieronymus Bosch docet.
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