venerdì 10 luglio 2015

DDL BUONA SCUOLA, OVVERO DEI TALENT SHOW



di FRANCESCO GALLINA


Mettiamo le cose in chiaro e non prendiamoci in giro. Per una volta, siamo concreti.
I docenti severi (severo, per inciso, non è sinonimo di cattivo) sono detestati, quelli all'acqua di rose sono venerati. Una buona parte dei ragazzi (non tutti, per fortuna!) ragiona così, secondo un patetico manicheismo infantile. Non si concepisce la scuola come immensa opportunità personale di crescita, ma come una rottura di zebedei da cui ci si deve liberare al più presto. Abbracciano questa filosofia soprattutto quei soggetti che non fanno mai un beneamato cactus e che, a fine anno, pretendono persino l'assoluzione del 6 politico, idolatrato simulacro asinino. E arriva, l'assoluzione, da quei docenti che seguono il metro di giudizio che va dal 5 in su. 1, 2, 3, 4 sono così ridotti ad eterne zitelle  in attesa di un uomo. Per il resto, il 5 non è altro che il 6 politico sotto mentite spoglie: sappiamo bene che, in sede di scrutinio, il 5 diventerà automaticamente 6. E sappiamo altresì che se un ragazzo è rimandato, sarà ammesso all'anno successivo anche se avrà passato la prova indegnamente. Ma, per un qualche miracolo divino, continuerà il suo percorso, alla faccia dello studente valido che si fa due bubblegum così. Questo è il quadro della situazione.



L'asino che vola, via di Tor di Nona, Rione Ponte, Roma.


Ora, lungi dall'essere fazioso, ricordo che la Buona Scuola prevede che un insegnante sia giudicato da:
- tre docenti dell'istituzione scolastica, di cui due scelti dal collegio dei docenti e uno dal consiglio di istituto;
- due rappresentanti dei genitori, per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione; un rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori, per il secondo ciclo di istruzione, scelti dal consiglio di istituto;
- un componente esterno individuato dall'Ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici.
Cosa concludiamo? Che il bonus (piccolo o grande che sia, so soldi) lo riceverà solo il docente che spargerà al vento tutti 10 anche se i suoi ragazzi non sanno scrivere un'acca, che farà l'amabile con i genitori anche se i loro figli sono delle zecche, che leccherà i piedi a tutti i suoi colleghi anche se li trova insopportabili.

Come giudicare, allora? Secondo quali metri di giudizio? E chi dovrebbe giudicare? I ragazzi? I genitori? Sì, al Paese dei Balocchi.
Ma noi non siamo nel Paese dei Balocchi. Vero? Vogliamo che un docente sappia insegnare, sappia insegnare a studiare e sappia seguire i programmi statali (benché non sempre pedissequamente), così come vogliamo che uno studente sappia studiare. Questo lo si può vedere solo durante l'insegnamento e lo può vedere solo chi ne ha le competenze: come fa un professore di chimica a giudicare uno di lingue). Se poi c'è la necessità di giudicare l'operato di un insegnante, lo si facesse semmai in itinere, mentre tiene lezione (una non basta, chiaramente), e si tenesse d'occhio come espone, cosa espone, quali sistemi di giudizio adotta. Per intenderci: se in quarta liceo non si sa tradurre una favola di Fedro, è molto grave; se in una quinta  di qualsiasi tipo non si sanno ancora le tabelline, pure; se non si conoscono le regole base della grammatica, non si dev'essere indulgenti.

Insomma, giudicare: perché no? Ma che giudicare non abbia a che fare con soldi, bensì con la qualità dell'insegnamento.
Sino ad allora i docenti saranno costretti a subire l'inquisizione di un grottesco talent, che prevedo sarà fonte di inevitabili lotte intestine. E le giurie dei talent, lo sappiamo bene, sono estremamente soggettive, spesso incompetenti, soprattutto pilotate.


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